Il grido che sale dall’Ucraina interpella con urgenza le coscienze. Dopo oltre tre anni di guerra, milioni di persone attendono non soltanto la fine delle ostilità, ma soprattutto l’inizio di un futuro fondato sulla giustizia. Una “pace” ridotta a semplice cessazione delle armi, o a compromesso che congela l’ingiustizia, non può essere chiamata tale.
Lo ricordava san Giovanni XXIII in Pacem in terris: «La pace si fonda sulla verità, si edifica sulla giustizia, si nutre e si perfeziona nella carità» (PT, 18). Ed è questa la prospettiva con cui leggere anche le parole di Papa Leone XIV, che nei primi cento giorni del suo Pontificato ha ribadito con forza che «la pace di Cristo non è la tranquillità di chi si adatta, ma la fedeltà alla verità nella carità».
L’esperienza recente ammonisce. Dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e il congelamento del conflitto nel Donbass, la guerra è esplosa in forme ancora più drammatiche nel 2022. Una tregua apparente non ha impedito nuove violenze. Così, oggi, ridurre l’appello alla pace a un compromesso geopolitico significherebbe tradire il diritto dei popoli a vivere nella libertà e nella dignità.
Papa Francesco, nell’enciclica Fratelli tutti, lo ha espresso con chiarezza: «Non si tratta di mantenere un equilibrio di potere, ma di costruire un ordine basato sull’amore fraterno» (FT, 231). È questo il criterio che deve ispirare la comunità internazionale, chiamata a promuovere una pace che non sia illusione fragile, ma promessa di futuro.
Il popolo ucraino testimonia con la sua resistenza che la pace non può coincidere con l’oppressione. Le famiglie divise, i bambini deportati, le comunità bombardate ci ricordano che ogni tregua costruita sull’ingiustizia è destinata a fallire. La pace vera, quella che Cristo Risorto ha donato ai suoi discepoli, è disarmata e disarmante, perché nasce dalla riconciliazione e non dalla forza delle armi.
«Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Questo annuncio evangelico resta la bussola della Chiesa in ogni tempo. Oggi significa sostenere gli sforzi diplomatici e umanitari, ma soprattutto riaffermare che la pace giusta non è un conflitto congelato, bensì il frutto della verità, della giustizia e della carità che si incontrano(cfr. Sal 85,11).