La Torre dei Conti è venuta giù all’improvviso, in una mattina che sembrava come tante nel centro storico di Roma. Il cedimento ha sorpreso gli operai impegnati nel cantiere di restauro finanziato con i fondi del programma Caput mundi del Pnrr. Cinque sono rimasti travolti: tre sono stati estratti vivi, uno è stato soccorso in condizioni gravissime e trasferito in codice rosso al San Giovanni, mentre un collega resta ancora intrappolato nelle macerie. I vigili del fuoco lavorano senza sosta, ma ogni manovra deve essere calibrata perché la torre, già colpita da un secondo crollo, continua a mostrare segni allarmanti di instabilità. Sul posto si sono recati il sindaco Gualtieri, la polizia, i carabinieri e i tecnici della Asl. La Procura ha aperto un fascicolo per lesioni colpose, mentre la polizia giudiziaria specializzata negli infortuni sul lavoro ha avviato i rilievi necessari.
Le prime ipotesi sulle cause del cedimento
Le domande, inevitabilmente, riguardano il perché un monumento così noto e massiccio sia potuto crollare mentre era in corso un intervento di recupero. La Torre dei Conti, o Torre Maggiore, era in stato di abbandono da quasi vent’anni, con murature degradate, elementi in fase di decoesione e un generale fatiscente stato interno. Alcuni tecnici hanno segnalato negli anni la presenza di profondi distacchi nel paramento esterno, vegetazione infiltrata e solai da tempo indeboliti. Una prima ipotesi parla quindi di un cedimento interno della struttura, forse di un solaio o di una muratura che ha ceduto trascinando con sé l’intero prospetto. Un’altra pista riguarda il contesto del cantiere: è possibile che le operazioni di consolidamento, le vibrazioni o lo spostamento dei carichi abbiano innescato o accelerato un equilibrio statico già precario. Le indagini approfondiranno anche l’assetto dell’impalcatura e le modalità operative, per capire se ci sia stato un errore nella fase esecutiva oppure se la torre fosse così fragile da rendere inevitabile un cedimento non appena si interveniva.
Una fragilità accumulata nel tempo
Molti esperti parlano di un effetto combinato: una struttura medievale indebolita da secoli di stratificazioni, terremoti, modifiche e soprattutto anni di abbandono potrebbe aver ceduto proprio nel momento in cui si tentava di salvarla. È una dinamica già vista in altri monumenti storici, dove il restauro non è la causa ma il momento in cui diventa evidente una fragilità non più sostenibile. La presenza di un secondo crollo, avvenuto pochi minuti dopo il primo, sembra avvalorare l’idea di uno scompenso interno più ampio, una sorta di rottura progressiva difficilissima da prevedere. Rimane il fatto che la torre, celebrata da Petrarca come “unica al mondo”, era considerata uno dei simboli più riconoscibili del Medioevo romano. Ora è diventata il teatro di una complessa operazione di soccorso, mentre Roma attende di conoscere la verità su quanto è accaduto e su come si potrà mettere in sicurezza ciò che resta di un monumento che, paradossalmente, stava cercando di tornare a vivere proprio nel momento del suo crollo.
						
							
			
			
			
			