Ospedali, scuole, cronisti: a Gaza i bersagli sono chi cura, chi insegna, chi racconta. Netanyahu promette indagini, ma il mondo attende giustizia.
L’ospedale Nasser di Khan Younis, venti morti, cinque giornalisti assassinati. L’Idf parla di “tragico errore”, ma le immagini raccontano altro: il doppio colpo, il double tap, studiato per eliminare chi documenta e chi soccorre. Non è un incidente: è la guerra contro la verità.
Mentre l’Onu ricorda che “ospedali e giornalisti non sono bersagli”, Gaza muore due volte: sotto le bombe e sotto il silenzio. Più di 62mila vittime, centinaia di bambini morti di fame, quartieri rasi al suolo. Eppure il mondo si limita a “rammaricarsi”, come se la strage fosse inevitabile.
In Israele intanto le strade si riempiono: famiglie di ostaggi, riservisti, giovani che accusano Netanyahu di sabotare ogni accordo. La società civile grida “basta”, mentre il governo insiste con l’offensiva.
La Chiesa locale resiste accanto al suo popolo: “Non evacueremo Gaza city”. È un segno profetico in mezzo alle macerie.
A Gaza non si vuole solo piegare un nemico. Si vuole cancellare un popolo e la sua memoria. Per questo si uccidono i cronisti. Per questo si colpiscono gli ospedali. Ma finché esisteranno voci che denunciano, immagini che mostrano, la verità continuerà a respirare sotto le rovine.