C’è attesa per le prime parole della presidente Maia Sandu dopo un voto che ha confermato, con margini stretti ma decisivi, la maggioranza del suo partito, Azione e Verità (Pas). Non era scontato: i sondaggi prefiguravano un testa a testa con il Blocco Patriottico filo-russo. Eppure, il risultato finale ha premiato la strada europea, con il 50,16% dei consensi che, tradotti in seggi, dovrebbero assicurare ancora la maggioranza assoluta in Parlamento.

La Moldavia, Paese tra i più poveri d’Europa, continua così a tenere aperta la rotta verso Bruxelles e l’obiettivo dell’adesione all’Ue entro il 2030. Una scelta che Ursula von der Leyen ha salutato con entusiasmo: «Europa, democrazia, libertà». Parole che, lette dal piccolo Paese incastonato tra Romania e Ucraina, suonano come un argine contro la paura di nuovi condizionamenti esterni.

Il voto si è svolto in un clima di tensione: arresti di presunti “sabotatori” addestrati in Serbia, attacchi informatici alle infrastrutture, falsi allarmi bomba. La democrazia moldava resta sotto pressione. Le aree sensibili di Transnistria e Gagauzia rimangono terreno fertile per interferenze e destabilizzazioni ibride. Non è un mistero che Mosca guardi con ostilità alla prospettiva di perdere un’altra ex repubblica sovietica.

In questo contesto, la riconferma del Pas non è solo un dato politico: è un atto di resilienza. Il popolo moldavo, segnato da carenze energetiche e inflazione, ha ribadito che il futuro non può essere il ritorno a un passato di dipendenza. È la stessa diaspora, già determinante nel referendum costituzionale, a ricordarci che l’Europa non è un miraggio, ma una speranza concreta di stabilità e crescita.

Resta ora la sfida più grande: trasformare il consenso elettorale in fiducia quotidiana. Perché la democrazia non si misura solo nelle urne, ma nella capacità di proteggere la vita delle persone da precarietà e paura. La Moldavia ha scelto l’Europa. Sta all’Europa scegliere davvero la Moldavia, accompagnandola in questo cammino fragile ma coraggioso.