Cinque titoli mondiali. Due generazioni diverse, lo stesso filo di continuità: il talento che diventa squadra. L’Italia maschile di pallavolo torna sul tetto del mondo a Pasai City, nelle Filippine, superando la Bulgaria 3-1 e bissando il trionfo di due anni fa. Dopo le donne, campionesse del mondo poche settimane fa, anche gli uomini scrivono una pagina indimenticabile di sport azzurro.

È il segno di una tradizione vincente che sa rinnovarsi. Negli anni Novanta fu la “generazione dei fenomeni” di Velasco e Bebeto a portare l’Italia ai vertici. Oggi Ferdinando De Giorgi, che di quella stagione è stato protagonista in campo, guida con sapienza una squadra che ha trovato nuove stelle come Yuri Romanò, Mattia Bottolo e Alessandro Michieletto. Talento puro, certo, ma dentro un sistema che funziona e che fa della coralità la sua vera forza.

La vittoria è arrivata contro una Bulgaria guidata dall’ex ct Blengini e trascinata dai fratelli Nikolov, giovani campioni che incarnano il futuro del volley mondiale. Ma la differenza si è vista nei fondamentali: muri, battute, precisione. Non episodi isolati, bensì il frutto di una mentalità condivisa.

Non è un caso che il “dream team” premi i singoli azzurri – Romanò miglior opposto, Michieletto Mvp, Giannelli miglior palleggiatore, Balaso miglior libero – ma il vero premio è collettivo: un gruppo che sa faticare, reagire e crescere insieme.

In un Paese spesso diviso e polemico, la pallavolo ci ricorda che il successo nasce dal gioco di squadra, dall’umiltà e dalla fiducia reciproca. Non servono proclami, bastano mani alzate sopra la rete e cuori che battono all’unisono. L’Italia della pallavolo oggi è una lezione di unità, un segno di speranza: quando si gioca insieme, si vince.