Dopo la visita in Turchia, Papa Leone XIV raggiungerà il Libano dal 30 novembre al 2 dicembre 2025. Un viaggio che non sarà solo pastorale, ma anche politico e simbolico: un pellegrinaggio nella “terra dei cedri e delle ferite”, dove la fede cristiana continua a intrecciarsi con il destino fragile ma luminoso di tutto il Medio Oriente.
Un viaggio che parla al cuore del mondo arabo
L’incontro del 25 ottobre tra Leone XIV e il primo ministro libanese Nawaf Salam, accompagnato dal suo vice Tarek Mitri, ha confermato la solidità dei rapporti tra la Santa Sede e Beirut, ma soprattutto ha anticipato il significato profondo del prossimo viaggio apostolico. Sarà un pellegrinaggio di riconciliazione, non solo per il Libano, ma per tutta la regione che ancora sanguina tra divisioni, instabilità e povertà.
Il Libano è un Paese che vive sospeso tra la memoria del dolore e il desiderio di rinascita. La crisi economica e politica ha minato la fiducia di un popolo orgoglioso, abituato a convivere nella diversità. Tuttavia, come ha ricordato lo stesso Leone XIV, «il Libano è una terra ferita ma piena di luce»: una definizione che sembra racchiudere la vocazione più profonda di questo Paese — quella di essere ponte di pace e di libertà nel cuore del Medio Oriente.
La diplomazia del cuore
Il viaggio del Papa si colloca in un tempo di fratture globali, ma anche di nuovi equilibri. La presenza di Leone XIV accanto al popolo libanese sarà un atto di diplomazia evangelica, nel solco del magistero di Papa Francesco, che ha sempre creduto nella forza del dialogo e della fraternità.
Mentre il mondo parla il linguaggio della strategia e del potere, Leone XIV propone quello della prossimità: la pace che nasce non dai tavoli dei negoziatori, ma dagli incontri tra le persone, dai gesti di cura e dalle parole che riconciliano.
Non è un caso che il viaggio in Libano segua immediatamente quello in Turchia. È un percorso che disegna una mappa ideale del nuovo Mediterraneo, quello che il Papa vuole restituire al suo destino originario: mare di incontro, non di scontro.
La Chiesa che resta accanto
Nel programma, ancora in via di definizione, spicca l’intenzione di visitare le comunità cristiane, in particolare quella maronita, ma anche di incontrare i rifugiati e i poveri. Leone XIV non porterà solo parole: porterà un abbraccio.
Nel gesto di inginocchiarsi davanti a chi soffre, il Papa mostrerà che la vera autorità nasce dal servizio. È questa la “rivoluzione mite” del suo pontificato — una Chiesa che non domina, ma accompagna; che non si difende, ma si espone.
Un segno per tutto il Medio Oriente
Il Libano non è solo un Paese: è un simbolo. È il luogo dove le religioni si incontrano e si feriscono, ma anche dove possono guarire. Per questo la visita di Leone XIV avrà un valore che va oltre i confini nazionali.
Sarà un appello alla comunità internazionale, spesso distratta o indifferente, perché il Mediterraneo torni a essere crocevia di pace.
Nel suo linguaggio pacato ma profetico, Leone XIV continuerà la linea di Francesco: una Chiesa “in uscita”, che non si chiude nei palazzi ma cammina tra le rovine del mondo, portando la luce della speranza.
Un segno profetico di unità
Il viaggio in Libano non è un gesto isolato, ma parte di un disegno più ampio: quello di una Chiesa che si fa “anima del mondo”, che ricuce i legami dove la storia li ha strappati.
Nel tempo del disincanto globale, Leone XIV sceglie la via più disarmante e più evangelica: quella della speranza che non si arrende.
E forse è proprio questo il messaggio che porterà al popolo libanese — e, attraverso di esso, a tutto il Medio Oriente:
La pace non nasce dai patti, ma dai cuori che tornano a credere nel bene.
