Nel suo primo incontro con il clero romano, Papa Leone XIV rilancia le tre coordinate del ministero presbiterale: comunione fraterna, vita esemplare e coraggio profetico. E cita Milani, Mazzolari e don Di Liegro.

È una Chiesa che cammina insieme, che non si scoraggia davanti alle fatiche, che accoglie la sfida della storia e che custodisce la comunione come testimonianza credibile del Vangelo, quella che Papa Leone XIV ha affidato al clero della diocesi di Roma nel primo grande incontro con i suoi preti, i diaconi e i seminaristi, tenutosi giovedì 12 giugno nell’Aula Paolo VI. Un discorso denso, paterno, fortemente pastorale, che ha tracciato il profilo di un presbitero radicato nella Parola, sobrio e libero, capace di tessere legami e di affrontare, da uomo tra gli uomini, le domande del tempo.

Il Papa ha esordito ringraziando tutti per il servizio quotidiano: «Siete tutti preziosi agli occhi di Dio», ha detto, ricordando con delicatezza anche le sofferenze, l’incomprensione e la solitudine che spesso accompagnano il ministero. Poi ha indicato tre parole-chiave: unitàesemplaritàprofezia.

Unità: “L’uomo della comunione”

La prima consegna è quella della comunione presbiterale. In una società che spinge all’isolamento e all’autoreferenzialità, Leone XIV ha ribadito che «il presbitero è chiamato ad essere l’uomo della comunione, perché lui per primo la vive e continuamente la alimenta». In una diocesi come Roma, segnata dall’internazionalità e da vocazioni che arrivano da ogni parte del mondo, il Papa ha chiesto una fraternità vera, che nasce dalla vita spirituale e si nutre dell’amicizia concreta: «Nutriti da questa linfa, riusciamo a vivere relazioni di amicizia, gareggiando nello stimarci a vicenda». E ha messo in guardia da quelle “stanchezze del cuore” che logorano la fiducia e minano la speranza.

Esemplarità: “Sacerdoti credibili”

La seconda parola è esemplarità, legata alla trasparenza della vita. Richiamando l’omelia dell’ordinazione presbiterale del 31 maggio, il Pontefice ha citato san Paolo: «Voi sapete come mi sono comportato» (At 20,18), per esortare tutti a una vita che testimoni il Vangelo anche quando la città — Roma — espone a tentazioni e livellamenti: «La città, con le sue mille proposte, potrebbe allontanarci dal desiderio di una vita santa». E ha invitato a non dimenticare la “prima ora” della vocazione, quella che ha spinto a “scelte forti e rinunce coraggiose”. Non moralismo, ma radicalità evangelica.

Profezia: “Costruttori del Regno”

Infine, la profezia. Lo sguardo del Papa si è allargato alle sfide del nostro tempo: la violenza, le disuguaglianze, la solitudine sociale, le nuove forme di povertà che segnano anche Roma, con l’emergenza abitativa e il disagio diffuso. Leone XIV ha rilanciato le parole di Papa Francesco sul «decoro della vita feriale» e ha chiesto una Chiesa che non si rassegna: «Non scappiamo di fronte alle sfide!». Ha invitato i sacerdoti a vivere lo studio e la pastorale come luoghi di discernimento e costruzione del Regno, ricordando tre testimoni recenti: don Primo Mazzolaridon Lorenzo Milani e don Luigi Di Liegro. Profeti di giustizia, che hanno saputo unire parola e prassi, Vangelo e storia.

Una conclusione agostiniana

Il discorso si è chiuso con un invito accorato a rinnovare la propria vita sacerdotale e con una citazione di sant’Agostino, vibrante d’amore ecclesiale: «Amate questa Chiesa, restate in questa Chiesa, siate questa Chiesa». È in questo amore che si gioca — secondo Leone XIV — la credibilità del presbitero oggi. Lungo la strada che porta dalla comunione alla testimonianza, passando per la santità concreta della vita quotidiana, si costruisce una Chiesa che può ancora parlare al mondo. E che, a Roma, ha il compito di presiedere nella carità.