Il conflitto russo-ucraino, che da anni segna l’Europa orientale, ha intrapreso una nuova traiettoria: quella dell’economia bellica, delle infrastrutture strategiche e dei colpi simbolici. Il recente attacco russo a Kiev del 10 giugno, uno dei più imponenti dall’inizio dell’invasione, ha preso di mira non solo obiettivi militari, ma anche un edificio utilizzato dalla Boeing, colosso statunitense dell’aerospazio e della difesa. Come riportato dal Financial Times, si tratta di un atto che trascende l’ambito bellico per configurarsi come una sfida diretta agli interessi americani sul territorio ucraino.
“Non è solo un attacco contro l’Ucraina, ma anche contro l’economia americana”, ha denunciato Andy Hunder, presidente della Camera di Commercio Usa in Ucraina. Le parole di Hunder sono un monito per chi crede ancora che questa sia solo una guerra di confine: siamo in presenza di una guerra contro i modelli di sviluppo, gli investimenti occidentali, la cooperazione tecnologica.
Mosca, intanto, ha colpito duramente anche altri obiettivi strategici, inclusa la società ucraina Antonov e siti di produzione bellica, nel tentativo di fermare la corsa all’autonomia militare di Kiev. In parallelo, la risposta ucraina non si è fatta attendere: l'”Operazione Spiderweb” e l’attacco del 15 giugno alla fabbrica di droni Shahed nella repubblica russa del Tatarstan rappresentano una nuova fase della strategia di Kiev, fondata sulla penetrazione in profondità nel territorio russo attraverso i droni. L’intelligence ucraina ha saputo colpire il cuore produttivo della macchina bellica russa, mostrando di possedere capacità offensive in continua evoluzione.
Ancor più simbolico è stato il terzo attacco al ponte di Crimea, emblema dell’annessione del 2014 e snodo logistico vitale per la Russia. Secondo l’SBU, l’operazione ha impiegato ben 1.100 kg di esplosivo, colpendo i pilastri sottomarini e causando danni significativi. I segnali sono chiari: Kiev punta a interrompere le linee di rifornimento e a colpire il prestigio simbolico del Cremlino.
Ma la guerra, ormai, non si misura solo sul campo: anche le multinazionali sono coinvolte. Le minacce russe a Rheinmetall e le continue incursioni contro infrastrutture legate a colossi occidentali parlano di un conflitto che mette nel mirino il tessuto economico internazionale. La guerra è diventata anche un messaggio: nessuna impresa occidentale è al sicuro.
Il dato più allarmante, tuttavia, è che questa escalation industriale e tecnologica rischia di produrre una rottura più profonda con gli Stati Uniti. Se attaccare la Boeing a Kiev ha un significato politico oltre che militare, la reazione americana sarà inevitabilmente condizionata da questa nuova dimensione del conflitto. Il pericolo non è solo l’allargamento del fronte, ma l’internazionalizzazione di una guerra che minaccia sempre più l’equilibrio globale.
La guerra, insomma, non si combatte solo con i soldati. Si combatte nei cieli con i droni, negli uffici con gli investimenti, e nei simboli con attacchi a strutture come il ponte di Crimea o la sede di una grande multinazionale. E a uscirne più fragile è, ancora una volta, l’idea stessa di sicurezza condivisa e ordine internazionale.