Il messaggio per il 17 gennaio e la solidarietà dopo l’ attacco in Australia

La Chiesa italiana alza la voce contro ogni forma di antisemitismo, stringendosi con dolore e determinazione attorno alla comunità ebraica colpita dall’attentato di Bondi Beach, in Australia, e rilanciando con forza l’impegno del dialogo e della fraternità tra cattolici ed ebrei. Le parole della Conferenza episcopale italiana e dei responsabili del dialogo ebraico-cattolico non sono semplici dichiarazioni di circostanza, ma un richiamo netto alla responsabilità morale di fronte a un odio che continua a riemergere, alimentato da violenze, guerre e linguaggi incendiari.

All’indomani della strage avvenuta durante la celebrazione di Hanukkah, la CEI ha espresso “dolore e profonda vicinanza” alla comunità ebraica australiana e a tutte le famiglie colpite. I vescovi italiani hanno parlato di una ferita che non riguarda solo un popolo o una nazione, ma l’intera umanità, perché colpire persone riunite in preghiera e in festa significa attentare al diritto stesso di vivere la propria fede e la propria identità senza paura. Il messaggio della Chiesa italiana si colloca in piena sintonia con le parole di Papa Leone XIV, che ha condannato l’attentato come un “insensato atto di violenza” e ha chiesto di fermare ogni forma di violenza antisemita.

Ma accanto al cordoglio, emerge con chiarezza un secondo elemento decisivo: la volontà di non lasciare che l’orrore resti isolato, senza conseguenze sul piano culturale e spirituale. È in questa prospettiva che va letto l’appello congiunto rilanciato dal dialogo cattolico-ebraico in Italia, promosso dalla CEI, che invita a “ripudiare ogni antisemitismo e ogni espressione violenta contro il popolo ebraico”. Un richiamo che nasce dalla consapevolezza che l’antisemitismo non è un residuo del passato, ma una realtà che oggi torna a manifestarsi in forme nuove, spesso mascherate da slogan politici, polarizzazioni ideologiche o generalizzazioni alimentate dai conflitti in corso.

I responsabili del dialogo sottolineano come l’odio antiebraico sia incompatibile non solo con il Vangelo, ma con qualsiasi autentica visione umana e religiosa. La memoria della Shoah, così come le ferite ancora aperte del Novecento, impongono ai cristiani una vigilanza costante, perché l’indifferenza e il silenzio sono sempre il primo terreno su cui cresce la violenza. Per questo la Chiesa italiana ribadisce che il dialogo con l’ebraismo non è un capitolo marginale, ma un pilastro irrinunciabile del suo cammino, fondato sul riconoscimento delle radici comuni e sul rispetto reciproco.

Nel clima attuale, segnato da guerre che moltiplicano il dolore e radicalizzano i linguaggi, la CEI avverte il rischio di una pericolosa deriva: trasformare i conflitti geopolitici in pretesti per colpire intere comunità, alimentando una logica di colpa collettiva. Da qui l’invito esplicito a distinguere sempre tra le responsabilità politiche e le persone.