Washington, ore 19.00. Un’ondata di ordini al District Pizza Palace, due miglia appena dal Pentagono, ha fatto drizzare le antenne agli “investigatori da tastiera”. Il gruppo, attivo su X (ex Twitter) con oltre 100.000 follower, ha lanciato l’allarme: «ENORME attività in corso. Qualcosa sta per succedere». Un’ora dopo, Israele colpiva duramente l’Iran.
No, non è una spy story scritta da John le Carré. È tutto vero. Secondo quanto riportato dal Times di Londra, il crescente consumo di pizza da asporto nei pressi del Pentagono e della Casa Bianca sarebbe un indicatore non ufficiale di attività militare straordinaria. E nelle ultime settimane, tra riunioni notturne, telefoni bollenti e mappe sparse sui tavoli, la pizza avrebbe segnalato ciò che i comunicati ufficiali tacevano: la preparazione di una crisi globale.
L’intelligence del cartone: la teoria della pizza
La chiamano “teoria del Domino”, e no, non ha a che vedere solo con i pezzi del famoso gioco o la catena americana. Secondo questa teoria, l’aumento degli ordini di pizza nei pressi dei centri nevralgici del potere americano preannuncia operazioni militari, crisi geopolitiche o decisioni strategiche di alto livello.
Tutto cominciò nel 1991, quando, alla vigilia dell’operazione Desert Storm, i fattorini delle pizzerie locali raccontarono di un’impennata di ordini notturni. All’epoca, Frank Meeks, storico franchisor di Domino’s, dichiarò ai giornali: «I media dormono, ma i nostri rider sono là fuori alle due del mattino».
Oggi quegli stessi segnali vengono intercettati dagli utenti di Google Maps, grazie ai grafici di afflusso in tempo reale: flussi anomali di clienti e consegne nei locali limitrofi al Pentagono sono diventati una forma di “intelligence da divano”.
Pentagono: il bunker, il briefing… e la bufala (con mozzarella)
Quando Israele ha lanciato il suo attacco contro l’Iran, molti si chiedevano se e quanto gli Stati Uniti fossero coinvolti. La risposta, per alcuni, era nella salsa di pomodoro e nelle scatole impilate davanti alle portinerie.
I picchi di ordini si erano già visti ad aprile e ottobre 2024, in corrispondenza di tensioni tra Iran e Israele. Ora, con l’attacco pienamente in corso, i pizza-detective gridano alla conferma: la pizza non mente.
Ma c’è chi frena gli entusiasmi. Zenobia Homan, esperta di sicurezza del King’s College di Londra, invita alla cautela: «Potrebbe trattarsi di pregiudizio di conferma. Serve un’analisi sistematica. Quante volte questi picchi non hanno avuto nulla a che fare con la geopolitica?». Una parata, una partita importante, un turno straordinario: non tutto il traffico è indice di guerra imminente.
Quando la pizza fa più rumore di un comunicato ufficiale
Il Dipartimento della Difesa si schermisce: «Non tracciamo le scelte alimentari dei nostri dipendenti». Ma la verità è che le pizzerie sanno. Anzi, a volte sanno prima di CNN e New York Times. La pizza diventa così il sensore informale della tensione geopolitica. Il segnale che, tra una mozzarella e una pepperoni, si stanno decidendo le sorti del mondo.
E c’è un’altra lezione in questa storia. Nell’era dell’open source intelligence, tutto parla: i satelliti, i social… e pure il menù di una pizzeria. Basta saper ascoltare.
Quindi, se d’ora in poi vedete una coda sospetta fuori da un take-away di Arlington, niente panico. Ma magari, accendete le notizie. E ricordate: quando i generali restano chiusi in ufficio, la pizza bussa alla porta.