Dai sedevacantisti ai benevacantisti, fino ai seguaci di Minutella: c’è un mondo che costruisce castelli di sabbia per negare il papato. Ma la fede cattolica è semplice: o c’è Pietro o non c’è.

Ci sono teorie che nascono ai margini della Chiesa e che, grazie ai social, trovano ascolto anche tra i fedeli più semplici. Sono idee che dicono: “Il Papa non è vero Papa”, oppure “Benedetto XVI non ha mai rinunciato davvero”, o ancora “i Pontefici dopo il Concilio Vaticano II sono papi solo a metà”. Parole che confondono, dividono e feriscono la comunione.

Eppure la verità della fede cattolica è semplice e rassicurante: quando un Papa è eletto dai cardinali in conclave e accetta l’elezione, diventa a tutti gli effetti successore di Pietro. Non ci sono mezze misure: o c’è il Papa, o non c’è. Lo ricorda anche il Codice di Diritto Canonico: «Il Romano Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima da lui accettata» (can. 332).

«Padre, io non sapevo più a chi credere. Su internet sentivo dire che Papa Francesco non era il vero Papa. Mi sono confusa, ho smesso persino di andare a Messa. Poi, parlando con un sacerdote che mi ha spiegato cosa dice la Chiesa, ho capito che ero stata ingannata. Tornare ai sacramenti è stata una liberazione».

Così Anna, 52 anni, racconta la sua esperienza. Non è un caso isolato: tanti fedeli, bombardati da video e slogan, finiscono per dubitare.

Tre caricature del papato

  • sedevacantisti immaginano una Chiesa senza Papa da sessant’anni. Se fosse vero, Cristo avrebbe già perso la sua sfida: «le porte degli inferi non prevarranno». Una fede così è disperata.
  • sedeprivazionisti parlano di papi “materialiter” ma non “formaliter”. È un ossimoro che fa sorridere: un Papa dimezzato non esiste. È come dire che un re siede sul trono ma non regna.
  • benevacantisti difendono il mito di Benedetto “papa nascosto”. Eppure Benedetto scrisse nero su bianco che la Sede sarebbe stata vacante e che i cardinali avrebbero dovuto eleggere un nuovo pontefice. Anche il ministro Salvini faceva propaganda in certi ambienti con la maglietta, “Benedetto è il mio Papa”.

Tre varianti della stessa illusione: piegare il Vangelo a un’ideologia, inventando una Chiesa che non esiste.

Smontare pezzo per pezzo

Che si tratti di sedevacantisti, sedeprivazionisti, benevacantisti o minutelliani, il problema è lo stesso: mettono se stessi al posto della Chiesa. Pretendono di giudicare il papa e di decidere chi è vero papa e chi non lo è. Ma la fede cattolica funziona al contrario: è il papa a garantire l’unità della Chiesa, non una piccola cerchia che pretende di essere “più cattolica del papa”.

È evidente che tutto questo si è acuito con Papa Francesco. Il suo magistero sulla misericordia, la giustizia sociale, l’ecologia integrale, la sinodalità ha spiazzato chi immaginava un cattolicesimo ripiegato nella difesa di piccoli fortini identitari. E così, incapaci di confrontarsi, alcuni hanno preferito negare la legittimità stessa del papa. È il trionfo dell’ideologia sull’ecclesiologia.

Ridere dei “papi dimezzati” o delle “rinunce invalide” è facile. Ma queste teorie, seppur marginali, non sono innocue: feriscono la comunione, alimentano la sfiducia, trasformano la fede in un campo di battaglia. Il modo migliore per ridicolizzarle è prenderle sul serio e mostrarne la totale inconsistenza. Alla fine resta solo la promessa di Cristo: “Le potenze degli inferi non prevarranno” (Mt 16,18).

Minutella e il culto della rottura

In Italia il volto più noto è stato Alessandro Minutella. Prima scomunicato, poi dimesso dallo stato clericale, ha costruito un seguito mediatico che confonde i semplici. Il suo carisma non è spirituale, ma retorico: forza della voce, slogan apocalittici, promesse di “verità alternative”. Non è sedeprivazionista in senso tecnico, ma la sostanza non cambia: porta i fedeli fuori dalla comunione.

Seguire lui significa perdere i sacramenti validi e finire in una comunità che non è più cattolica, ma una setta.

Don Leonardo, la trappola della rigidità

Diversa la vicenda di don Leonardo Pompei, sospeso a divinis dal vescovo di Latina. Qui non c’è scisma esplicito, ma una rigidità liturgica e dottrinale che ha bloccato il dialogo e sfociato nella disobbedienza. Anche qui, la Tradizione viene ridotta a bandiera, anziché vissuta come fiume vivo che scorre nella comunione. È la “tentazione tridentina”: rifugiarsi in un passato idealizzato invece di vivere il presente della Chiesa.

La Chiesa ci consegna un criterio semplice e luminoso: «Il Romano Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l’elezione legittima da lui accettata» (CIC, can. 332). Non serve altro. Non esistono papati dimezzati, non esistono pontificati segreti. C’è un Papa: oggi è Francesco.

La Chiesa non è un’arena mediatica dove vince chi grida più forte. Non è un talk-show di preti ribelli. È la sposa di Cristo, fragile e santa, sorretta dalla promessa che Pietro non verrà meno.

Il ridicolo dei “papi dimezzati” non è innocuo: divide famiglie, allontana dai sacramenti, riduce il Vangelo a ideologia. La vera fedeltà è restare con Pietro. Non perché sia perfetto, ma perché è lì che Cristo ha voluto custodire l’unità.

Per chi è confuso, il criterio è facile: se una voce ti invita a staccarti dal Papa e dal tuo vescovo, non viene da Dio. Puoi avere dubbi, puoi fare domande, puoi anche non condividere tutto. Ma non puoi tagliare le radici. Senza la comunione con Pietro, la fede diventa un’ideologia.

La Chiesa non è perfetta, ma è la casa che Cristo ci ha donato. E in questa casa c’è un segno che non manca mai: il Papa, fragile e forte come Pietro, al quale il Signore ha detto: «Conferma i tuoi fratelli».