In questi giorni, accanto al dolore composto di un popolo che ha pregato, vegliato e accompagnato Papa Francesco nella sua eucarestia eterna, monta – tra le pieghe di certi ambienti – un mormorio stonato. Come sempre, alla morte di chi ha parlato con la libertà dei profeti, riaffiorano le voci del “vergine di servo encomio e di codardo oltraggio”, per dirla con la celebre espressione del Cinque Maggio manzoniano, scritto proprio in morte di Napoleone.
C’è chi si è scandalizzato che il Papa si presentasse in Basilica con un poncho, chi si è attardato sul linguaggio, chi sulle richieste di perdono. Eppure quel poncho, indossato senza retorica, mentre visitava e incontrava i fedeli nella basilica di san Pietro, ricorda che Cristo fu messo nudo su un patibolo infamante. Si è spogliato per salvarci. Francesco non ha mai cercato decoro, ha cercato fedeltà.
“Accompagnato in piazza”: il colloquio finale
Le sue ultime parole pubbliche sono state di ringraziamento al suo infermiere personale. «Grazie per avermi accompagnato in piazza San Pietro». Un gesto semplice, disarmante. Un Papa portato in carrozzella, segnato dalla malattia, che non ha voluto rinunciare a benedire, ad essere presente, ad ascoltare. Che cosa abbia invece detto al Signore prime di spirare in un tragitto silenzioso, lo sapremo solo in Cielo. Ma è il tipo di dialogo che solo chi ha vissuto fino in fondo il Vangelo può avere.
La Chiesa che non era più unita
Oggi, tra cardinali e vescovi che iniziano a mettere in discussione il suo operato, fa impressione constatare quanto poco si comprenda l’opera compiuta. Francesco ha ricevuto una Chiesa ferita, quasi dilaniata dalla rinuncia di Papa Benedetto XVI. Ha trovato una Curia in lotta, scandali aperti, una credibilità in frantumi, una generazione ecclesiale disorientata. La sua risposta non è stata l’autoritarismo, ma il Vangelo. Non la condanna, ma il perdono. E le critiche al calo dell’obolo di San Pietro – attribuito alle sue aperture – dimenticano che non si costruisce l’adesione dei cuori con l’efficienza, ma con la trasparenza e la conversione.
I dipendenti ingrati
Alcune delle critiche più dure sono arrivate paradossalmente da ambienti interni al Vaticano, da alcuni dipendenti che hanno confuso il loro impiego con un privilegio, la fedeltà con l’abitudine, la riforma con una minaccia. Francesco ha smascherato le ipocrisie, ma ha anche mantenuto con pazienza il legame con chi, nel cuore della Curia, continuava a servire la Chiesa senza clamore.
Una Chiesa di popolo, non di palazzo
È sotto gli occhi di tutti: Francesco ha ridato alla Chiesa il respiro del popolo, il linguaggio dell’essenziale, la voce dei poveri. Ha mostrato che il Papa può essere un uomo tra gli uomini, un pastore con l’odore delle pecore, uno che cammina con la gente e non solo sopra la gente.
E se oggi qualcuno lo giudica – dopo la sua morte – è bene ricordare che Cristo stesso fu giudicato in vita e continua ad essere giudicato in morte e persino da risorto…
La storia darà ragione a chi ha amato in verità fino alla fine.