Ottant’anni dopo la bomba che distrusse Hiroshima, la Chiesa alza la voce con forza: non solo l’uso, ma anche la sola detenzione di armi nucleari è immorale. Un cambiamento dottrinale compiuto da Papa Francesco e oggi ribadito da Leone XIV, che invita il mondo a scegliere la pace disarmata contro la falsa sicurezza della distruzione reciproca.

«Le vere bombe sono quelle morali, e scoppiano ancora». Ottant’anni dopo Hiroshima, la memoria del più terribile crimine nucleare della storia non è solo commemorazione: è interrogativo etico, appello profetico e, soprattutto, sfida alla coscienza globale. L’anniversario della tragedia atomica che rase al suolo la città giapponese il 6 agosto 1945 – e, tre giorni dopo, quella di Nagasaki – riapre la ferita mai rimarginata di un’umanità capace di autodistruzione, ma forse ancora in tempo per scegliere la pace.

In un messaggio vibrante rivolto al vescovo di Hiroshima, Papa Leone XIV – nel solco dei suoi predecessori – ha condannato non solo l’uso, ma anche la semplice detenzione delle armi nucleari, definite come «un’offesa alla nostra umanità comune» e «una minaccia contro la dignità della creazione». È la conferma di un cambiamento dottrinale ormai irreversibile: la Chiesa cattolica oggi considera immorale anche la sola logica della deterrenza, fondata sulla minaccia della distruzione reciproca.

Una dottrina evoluta nella carità

Non è sempre stato così. Nei primi anni del dopoguerra, la voce del Vaticano fu cauta, spesso timorosa di compromettere equilibri politici fragili. Giovanni XXIII, nel 1963, con Pacem in terris, fu il primo a esprimere apertamente la condanna dell’arsenale atomico come «uragano» che minaccia l’umanità. Paolo VI sostenne il Trattato di non proliferazione, pur adottando un linguaggio più indiretto. Giovanni Paolo II parlò a Hiroshima nel 1981 con parole forti, ma tollerò ancora la dissuasione come male minore. Benedetto XVI ne sottolineò la «fallacia», ma senza ancora dichiararla illegittima.

Il cambio di paradigma arriva con Papa Francesco. Dal 2017 in poi, il Pontefice argentino è chiaro: «Non solo l’uso, ma anche il possesso delle armi nucleari è da considerarsi immorale». E nel 2019, a Hiroshima e Nagasaki, parla senza mezzi termini di «crimine contro l’uomo e contro Dio». La deterrenza? Una «falsa sicurezza», una pace fondata sulla paura, non sulla giustizia.

Il no anche alla fabbricazione e allo stoccaggio

La novità più radicale introdotta dal Magistero recente, e oggi riaffermata da Leone XIV, riguarda non solo il possesso, ma anche la produzione, la ricerca, lo stoccaggio, e la collaborazione economico-scientifica nel mantenimento di armi atomiche. Un sistema che coinvolge direttamente Paesi come l’Italia, che ospita bombe B61 in basi NATO come Aviano e Ghedi.

In linea con questo orientamento, il Vaticano è stato il primo Stato a firmare e ratificare il Trattato ONU per la proibizione delle armi nucleari (TPNW). È un segno forte: la Chiesa non solo predica il disarmo, ma vi aderisce con gesti concreti.

“Il frutto della guerra”: una foto che grida

Un’immagine più di mille discorsi: nel 2018 Papa Francesco ha distribuito come biglietto d’auguri una foto storica – un bambino giapponese porta sulle spalle il fratellino morto durante il bombardamento. Sul retro, una scritta semplice: “Il frutto della guerra”. Un’immagine-simbolo che continua a commuovere e a interrogare.

La Chiesa e l’etica del ricordo

In Giappone, i pochi superstiti della bomba, gli hibakusha, sono oggi ultraottantenni. Per questo, la città di Hiroshima ha promosso un progetto straordinario: formare “succedanei di memoria”, giovani che imparano il racconto dei sopravvissuti per trasmetterlo alle generazioni future. Anche questo è Vangelo: far vivere la verità attraverso il racconto e la compassione.

Il ruolo profetico della Chiesa oggi

La condanna della bomba nucleare è ormai parte integrante della Dottrina Sociale della Chiesa. Non è una posizione “pacifista”, ma profetica: riafferma che non si può costruire la pace sulla minaccia dell’annientamento. La Chiesa ricorda che la sicurezza autentica nasce dal disarmo, dalla cooperazione e dalla giustizia sociale.

Nel 2024 il mondo ha registrato una spesa record di oltre 2.500 miliardi di dollari per le armi, con una quota crescente dedicata alla modernizzazione degli arsenali nucleari. In questo scenario, la voce della Chiesa non è solo morale, ma anche umanizzante: è un invito a tornare all’uomo, al creato, alla coscienza.

Non dimenticare. Non ripetere.

«La bomba potrebbe diventare storia del futuro», ammoniva una sopravvissuta di Hiroshima ai giovani visitatori del Museo della Pace. La Chiesa lo sa bene. E per questo continua a parlare, scrivere, lottare, come un “hibakusha dello spirito” che ha scelto di non rimanere in silenzio. Perché il futuro è ancora nelle mani di chi ha il coraggio di dire no.

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Punti di riferimento

Da Pearl Harbor alla capitolazione del Giappone

1941

7 dicembre. I giapponesi attaccano Pearl Harbor nell’arcipelago delle Hawaii.

8 dicembre. Gli Stati Uniti entrano in guerra contro il Giappone e i suoi alleati dell’Asse (Germania e Italia).

1942

18 aprile. Raid a sorpresa dei bombardieri americani sulle città giapponesi di Tokyo, Osaka, Yokohama.

Dal 4 al 6 giugno. Battaglia di Midway. Pesante sconfitta dei giapponesi che perdono quattro portaerei.

1944

Da giugno a luglio. Battaglia di Saïpan (arcipelago delle Isole Marianne Settentrionali) che porta a una vittoria americana.

1945

19 febbraio. Sbarco americano sull’isola giapponese di Iwo Jima.

1° aprile. Sbarco americano sull’arcipelago di Okinawa.

7 maggio. La resa della Germania sul fronte europeo.

6 agosto. Prima bomba atomica su Hiroshima (140 000 morti).

9 agosto. Seconda bomba atomica su Nagasaki (74.000 morti).

15 agosto. Capitolazione del Giappone.