Dalla demolizione delle case ai cloud che archiviano i dati biometrici, dalle bombe alle università in partnership, Gaza è il centro di un’economia globale che trasforma il genocidio in profitto. Il rapporto ONU accusa aziende, fondi e istituzioni. Ma la coscienza cristiana, come ricorda il magistero di Papa Francesco e Papa Leone XIV, non può restare neutrale. Di fronte al grido di un popolo sotto assedio, la scelta tra Vangelo e indifferenza diventa radicale.

Bulldozer che radono al suolo case e ospedali, droni che inseguono corpi in fuga, spyware che controllano le vite di un intero popolo, cloud che immagazzinano dati come se fossero armi, aziende che prosperano sulle rovine di un’umanità spezzata. Dietro l’orrore visibile della striscia di Gaza, c’è una macchina invisibile che lo alimenta: è l’economia del genocidio. Un sistema collaudato di complicità che lega multinazionali, fondi di investimento, università, piattaforme digitali, società di armamenti e governi occidentali. Una rete ampia e ramificata che rende possibile la perpetuazione dell’occupazione israeliana e la distruzione sistematica della Palestina.

A dirlo con chiarezza è il nuovo rapporto della Relatrice speciale dell’ONU Francesca Albanese: Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio. L’occupazione non si regge solo sulle armi, ma su flussi finanziari, tecnologia, connivenze istituzionali. Un genocidio sostenuto da profitti.

La dignità umana non è negoziabile

Di fronte a tutto questo, la coscienza cristiana è interpellata profondamente. Come ci ricorda Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, «ogni guerra lascia il mondo peggiore» (n. 261) e «nessuno si salva da solo». Il dramma di Gaza non è “altro da noi”: ci riguarda. È specchio della nostra civiltà e misura della nostra umanità.

Il legame tra economia e giustizia, su cui ha insistito Benedetto XVI in Caritas in veritate, è oggi più che mai decisivo. «L’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento» (n. 45) e l’etica ha bisogno della verità, che chiama le cose con il loro nome. Chi investe, collabora o tace davanti all’ingiustizia, è parte del problema.

La Chiesa non tace

Nella sua prima udienza al Corpo Diplomatico, Papa Leone XIV ha ricordato che la pace nasce «dal cuore», ma deve tradursi in scelte concrete, in un impegno per la giustizia, nel rispetto del diritto internazionale. Ha citato la necessità di “misurare il linguaggio”, per non ferire con le parole, ma anche per non legittimare con il silenzio. Perché, come ricorda ancora Fratelli tutti, «l’indifferenza è complice» (n. 70).

Oggi, mentre i civili di Gaza vivono sotto assedio, sotto bombe, senza acqua né cibo, e mentre intere famiglie vengono cancellate, il sistema che alimenta questa catastrofe cresce nei profitti. Ogni bulldozer, ogni spyware, ogni appalto, ogni database, ogni partner accademico è parte di questa economia del disumano. Dalla Silicon Valley a Tel Aviv, da Tel Aviv a Bruxelles, da Bruxelles a Roma. Anche noi italiani siamo chiamati a interrogarci, specie quando i nomi delle nostre aziende compaiono in questi rapporti. Non basta dire che “è legale”. Ciò che è legale non è sempre ciò che è giusto.

Convertire l’economia

Occorre una conversione dell’economia, non in chiave ideologica, ma etica e spirituale. Per Benedetto XVI, «lo sviluppo umano integrale» è la strada della pace (Caritas in veritate, n. 8). E Papa Francesco invita a «una nuova cultura universale della fraternità» (Fratelli tutti, n. 215), dove la finanza non sia più strumento di dominio ma di solidarietà.

Non è utopia. È Vangelo. È coscienza. È responsabilità.

La società civile può già fare molto: informarsi, boicottare, esercitare pressione sulle istituzioni, costruire reti di pace. Ma è la politica che deve uscire dal torpore. Smetterla di parlare di sicurezza mentre sostiene armi che uccidono bambini. Smetterla di celebrare il diritto alla difesa senza chiedersi chi ha iniziato a colonizzare, chi continua ad annettere, chi nega a un popolo il diritto di esistere.

La verità che ci fa liberi

Gaza oggi è un grido. È il grido dei poveri che Dio ascolta. È il grido del sangue che chiede giustizia. È anche la prova della nostra fede. Non basta pregare: occorre denunciare. Non basta commuoversi: occorre agire. Non basta salvare la coscienza: occorre salvare la dignità dell’uomo.

Il Magistero è chiaro. Il Vangelo è ancora più chiaro. O siamo con la vita o siamo con il profitto. O scegliamo il bene comune o collaboriamo, anche passivamente, alla logica del dominio. Come cristiani, oggi non possiamo restare neutrali. Il silenzio non è più un’opzione.