Da sconosciuto in Italia, Charlie Kirk è diventato improvvisamente protagonista di prime pagine, dibattiti televisivi, comizi politici. Decine di migliaia di persone hanno partecipato al suo funerale negli Stati Uniti, tutto il movimento MAGA schierato, con Donald Trump a promettere la massima onorificenza civile. In Italia la destra e la Lega ne fanno un simbolo da agitare nelle piazze, l’opposizione lo prende come bersaglio polemico. Ma il risultato è sempre lo stesso: un dibattito politico ridotto a slogan e tifoserie, senza respiro e senza idee.

La retorica del martire

Il ministro delle Finanze americano ha avuto l’ardire di paragonare Kirk a Gesù Cristo. Una bestemmia culturale e spirituale, che tradisce l’uso cinico della fede come collante politico. Trump, da parte sua, ha parlato di “odiare i nemici” e ha promesso la pena di morte per l’attentatore: parole che sanno di vendetta, non di giustizia. In mezzo a questo clamore, la moglie di Kirk ha offerto la sola nota di umanità: ha perdonato e ha detto che continuerà l’opera del marito.

Evangelico o ideologico?

Cosa c’era di evangelico in Kirk? Non certo il tono arrogante, lo scontro verbale, la foga con cui brandiva i “valori tradizionali” come clava per colpire chi non la pensava come lui. Gesù ha annunciato il Regno con mitezza, con paradossi che spiazzavano il potere, non con slogan urlati nei comizi. Chi oggi lo paragona a Cristo non sembra conoscere né l’uno né l’altro.

Italia, specchio deformante

In Italia, intanto, la sua figura è stata trasformata in strumento elettorale. La Lega lo esalta come “martire della libertà”, l’opposizione lo deride come icona tossica del trumpismo. Ma davvero siamo ridotti a questo? A importare eroi d’oltreoceano per non parlare dei nostri problemi concreti: lavoro, giustizia sociale, pace, ambiente? Il funerale di Kirk diventa così specchio della nostra povertà politica e culturale.

La domanda che resta

Mentre i riflettori si spengono e le piazze tornano a parlare di altro, resta una domanda che vale più delle polemiche: quanto spazio c’è oggi, nel dibattito pubblico, per un linguaggio di pace, di giustizia, di fraternità? Quello che il Vangelo ci consegna non è una bandiera da sventolare contro qualcuno, ma una chiamata a trasformare la società partendo dagli ultimi.

Finché continueremo a confondere l’arroganza con la fede, e lo scontro con l’annuncio, non sarà un funerale oceanico a restituirci le idee che mancano.