La notizia è di quelle che inquietano: un automobilista, fermato sulla statale 16 tra Foggia e Cerignola, costretto in ginocchio da un commando armato e rapinato della sua Mercedes. Un video di pochi secondi, girato da un altro automobilista, ha fatto il giro del web: immagini crude, che parlano più di tanti rapporti ufficiali.
Non è un episodio isolato. Il Foggiano da anni è al centro di un’escalation criminale che sembra non conoscere freni. La cosiddetta “quarta mafia”, meno nota ma non meno pericolosa delle organizzazioni storiche, ha consolidato il suo potere con modalità feroci e radicamento capillare nel territorio. Qui la criminalità non ha solo un volto economico o di controllo del territorio, ma spesso si esprime in una violenza brutale, che non esita a colpire anche le forze dell’ordine. Negli ultimi mesi, la memoria dei tragici agguati in cui hanno perso la vita servitori dello Stato è ancora viva e sanguinante.
Il messaggio che arriva da episodi come quello di Cerignola è chiaro: la criminalità foggiana non ha paura di mostrarsi, anzi esibisce la propria arroganza. Un automobilista lasciato in ginocchio, umiliato e sotto la minaccia delle armi, diventa il simbolo di una società piegata dal sopruso, un territorio ostaggio della violenza. Non si tratta solo di delinquenza spicciola, ma di un sistema organizzato che tiene in scacco un’intera provincia.
Eppure, c’è un’Italia che resiste. Sono i magistrati, i carabinieri, la polizia, le associazioni civiche, la Chiesa, i cittadini onesti che ogni giorno si oppongono a questa deriva. Ma l’impressione è che Foggia sia rimasta troppo a lungo periferia delle attenzioni nazionali: mentre si parla di mafia siciliana, camorra e ’ndrangheta, il tessuto sociale ed economico del Tavoliere si è sfaldato sotto la pressione di un crimine sempre più violento.
Il rischio è che il Foggiano diventi la “terra di nessuno” più pericolosa d’Italia, dove i clan fanno il bello e il cattivo tempo e lo Stato arriva solo a rincorrere le emergenze. Servono investimenti in sicurezza, certo, ma anche in scuole, lavoro, cultura, infrastrutture. Non basta arrestare i rapinatori: bisogna dare alternative concrete ai giovani perché non cadano nel ricatto del crimine.
Il video della Mercedes sulla statale 16 non può restare solo un fatto di cronaca nera. Deve scuotere le coscienze e richiamare alla responsabilità collettiva: nessun cittadino italiano dovrebbe sentirsi solo di fronte alla violenza mafiosa.