Riflessione sul discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella agli italiani
Il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si presenta come una meditazione civile, costruita con passo misurato e con una forte coerenza interna. Non è un discorso emergenziale né polemico: è un invito alla responsabilità, fondato sulla memoria e orientato al futuro, tenuti insieme dal tema centrale della pace.
Il Presidente apre riconoscendo la fatica dell’anno che si chiude. Una constatazione sobria, priva di enfasi, che introduce immediatamente il cuore del messaggio: l’aspettativa di pace. Mattarella non la evoca in astratto, ma la ancora a immagini concrete e drammatiche: le abitazioni devastate in Ucraina, le centrali energetiche distrutte per lasciare intere popolazioni al gelo, la devastazione di Gaza, dove persino i neonati muoiono di freddo. Di fronte a queste realtà, afferma, il desiderio di pace cresce, mentre appare sempre più incomprensibile e ripugnante il rifiuto di chi la nega sentendosi più forte.
La pace, chiarisce il Capo dello Stato, non è soltanto un obiettivo politico o diplomatico: è un modo di pensare. Significa vivere insieme senza imporre la propria volontà, senza trasformare la forza in criterio di legittimazione. Questa mentalità riguarda ogni ambito della convivenza: i rapporti internazionali, la vita degli Stati, delle comunità, fino alla dimensione nazionale di ciascun popolo.
In questo orizzonte si colloca il riferimento a Leone XIV e al suo appello natalizio a respingere odio e violenza, a praticare dialogo, pace e riconciliazione, fino a “disarmare le parole”. Mattarella raccoglie questo invito e lo traduce in una constatazione netta: quando il confronto pubblico si riduce a scontri verbali violenti, ad accuse fondate non sulla verità ma sulla forza polemica, non si costruisce alcuna mentalità di pace.
Alla domanda implicita – “cosa posso fare io?” – il Presidente risponde rifiutando ogni fatalismo. Libertà e pace, ricorda, sono inscritte nell’atto fondativo della Repubblica, che nasce dalla scelta di realizzare il futuro insieme attraverso il dialogo. Essere cittadini significa assumere questa responsabilità.
Il 2026 si apre nell’anno dell’ottantesimo anniversario della Repubblica. Mattarella invita a guardare a questo tempo come a una storia condivisa, sfogliando idealmente un album di famiglia. Il primo fotogramma è quello delle donne chiamate per la prima volta al voto, segno di unità popolare e avvio di un percorso democratico irreversibile. Seguono l’Assemblea costituente, capace di sintesi alta nonostante contrasti profondi, e la Costituzione, che da allora ha ispirato e guidato il Paese.
La Repubblica segna uno spartiacque: non uno Stato che sovrasta i cittadini, ma uno Stato che riconosce diritti inviolabili, libertà personali e autonomie. La giovane democrazia italiana si inserisce nel dialogo internazionale, partecipa alla costruzione europea con i Trattati di Roma e fonda la propria collocazione globale sui due pilastri dell’Unione Europea e dell’Alleanza Atlantica.
Il racconto attraversa poi le grandi trasformazioni sociali ed economiche: la riforma agraria, il Piano casa, il lavoro come motore dello sviluppo, lo Statuto dei lavoratori, la sicurezza sul lavoro, l’equità delle retribuzioni. Accanto a queste conquiste, il Servizio sanitario nazionale e il sistema previdenziale, espressione di uno Stato sociale che pone al centro la dignità della persona e l’uguaglianza.
Non mancano le pagine più buie: le stragi, il terrorismo, la violenza ideologica. Ma anche qui il Presidente sottolinea come l’Italia abbia saputo resistere, grazie alla forza delle istituzioni e all’unità delle forze politiche e sociali. In questa memoria si collocano i volti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, simboli di una legalità che continua a parlare oltre il loro sacrificio.
Il mosaico degli ottant’anni restituisce l’immagine di un Paese profondamente cambiato: da società segnata da emigrazione e bassa istruzione a protagonista della manifattura, dell’export e della creatività, apprezzato nel mondo per cultura, bellezza e stili di vita. Un attore di rilievo anche sul piano internazionale, capace di contribuire alla sicurezza e alla pace, pagando prezzi alti.
Da qui l’affermazione conclusiva: la Repubblica è una storia di successo, costruita dal sacrificio e dalla partecipazione di generazioni di italiane e italiani. Ma è una storia che non si conserva da sola. Povertà, diseguaglianze, corruzione, infedeltà fiscale e reati ambientali sono crepe che minacciano la coesione sociale, bene prezioso e mai definitivamente acquisito.
Per questo, conclude Mattarella, nessuno può sentirsi esentato dall’impegno.
Perché la Repubblica non è un’astrazione: la Repubblica siamo noi.
