TiSecondo l’ultimo rapporto delle Nazioni Unite, il crollo della fertilità globale non dipende da un rifiuto della genitorialità, ma da ostacoli sociali ed economici che comprimono la libertà di scegliere. In Italia la situazione è allarmante: la fecondità è scesa sotto 1,2 figli per donna, e i bonus bebè si rivelano soluzioni deboli. Serve un cambio di paradigma.

Non è vero che i giovani non vogliono più fare figli. Lo vogliono, ma spesso non possono. È questa la sintesi disarmante che emerge dal Rapporto 2024 del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA), significativamente intitolato La vera crisi della fertilità. Il dossier smonta uno dei luoghi comuni più ricorrenti nei dibattiti sulla denatalità: non si tratta di una scelta ideologica o esistenziale, ma di una rinuncia imposta dalle condizioni economiche, sociali e culturali.

Una crisi di libertà, non di desiderio

L’indagine UNFPA/YouGov, condotta in 14 Paesi rappresentanti il 37% della popolazione mondiale, rivela che il 39% degli intervistati cita i limiti economici come principale freno alla genitorialità. Seguono l’incertezza per il futuro(guerre, cambiamenti climatici, instabilità) e la precarietà lavorativa. In più, per molte donne pesa la disuguale ripartizione del carico domestico, con il 13% che lo indica come ostacolo alla maternità. Non mancano poi le pressioni sociali in senso contrario: un adulto su cinque afferma di aver subito spinte per avere figli che in realtà non desiderava.

Il caso italiano: numeri da allarme rosso

Nel panorama mondiale, l’Italia si distingue purtroppo per negatività. I dati Istat pubblicati nel marzo 2024 parlano chiaro: 370.000 nascite, il minimo storico dal 1995, e una fecondità ferma a 1,18 figli per donna, sotto la soglia minima per il ricambio generazionale e persino sotto il precedente record negativo. L’età media delle madri al parto è salita a 32,6 anni, sintomo di un rinvio spesso forzato, più che voluto.

In questo contesto, il bonus nuovi nati e altri strumenti simili, pur comprensibili come risposta politica immediata, risultano pali di sostegno in una casa che crolla dalle fondamenta. Lo stesso UNFPA mette in guardia dai rischi legati a misure simboliche e talvolta coercitive, che invece di rimuovere le barriere finiscono per spostare il discorso sulla quantità, senza ascoltare il grido sottostante: il desiderio di una maternità e paternità libere e sostenibili.

Un cambio di paradigma

Il messaggio dell’ONU è chiaro: serve un’agenda pubblica strutturata, che restituisca ai giovani la possibilità concreta di scegliere se e quando diventare genitori. Gli investimenti pubblici in politiche abitative, lavoro dignitoso, congedi parentali equi, salute riproduttiva e accesso ai servizi educativi sono la via maestra. La denatalità non si combatte con gli slogan, ma con politiche coerenti che ricompongano il patto sociale tra generazioni.

Infine, l’UNFPA sottolinea un altro aspetto spesso ignorato nel dibattito italiano: l’immigrazione non è un’emergenza, ma una risorsa, anche dal punto di vista demografico. In un Paese in cui la popolazione invecchia e i tassi di fertilità sono tra i più bassi d’Europa, l’inclusione dei migranti può rappresentare una leva strategica per il futuro.

La vera crisi della fertilità è una crisi della speranza. L’Italia ha bisogno di uscire dalla logica del “fare figli per salvare l’economia” e tornare a creare le condizioni perché una nuova vita sia un atto di fiducia, non un peso da calcolare. Restituire dignità alla genitorialità significa ricostruire fiducia nel futuro, garantire stabilità e mettere davvero al centro la persona, non come mezzo per la crescita, ma come fine della crescita stessa.