Cinque secoli dopo lo scisma, un sovrano inglese e un Papa hanno pregato insieme nella Cappella Sistina. La visita di Stato di Re Carlo III e della Regina Camilla al Vaticano, nel contesto del Giubileo 2025, è diventata un segno potente di riconciliazione, un atto di fede e di diplomazia che guarda alle sfide del creato e alla speranza dell’unità cristiana.

La preghiera ecumenica sotto la volta della Sistina

È sotto gli affreschi di Michelangelo che Papa Leone XIV e Re Carlo III hanno dato vita a un momento storico: una preghiera ecumenica per la cura del Creato, concepita come un incontro di fede e responsabilità comune.

Non un gesto di protocollo, ma un atto spirituale in cui il Pontefice e il sovrano, capo della Chiesa anglicana, hanno camminato fianco a fianco, insieme alla regina Camilla e all’arcivescovo di York, Stephen Cottrell, in un clima di profonda compostezza e fraternità.

La liturgia, bilingue in inglese e in latino, ha intrecciato salmi, canti e letture che richiamavano il tema della speranza e della creazione. Le voci unite dei cori della Cappella Sistina, di St. George di Windsor e della Cappella reale di St. James’s Palace hanno dato forma a un dialogo musicale tra due tradizioni che, per una volta, non si fronteggiavano ma si armonizzavano.

Fra i testi scelti, spiccava un passo della Lettera ai Romani letto da Yvette Cooper, ministro degli Esteri britannico: un gesto eloquente, quasi un segno di diplomazia spirituale.

E non è mancato il riferimento a John Henry Newman, il teologo inglese convertito al cattolicesimo che sarà proclamato Dottore della Chiesa nel prossimo novembre: ponte vivente tra due mondi cristiani.

Orchidee bianche e parole di pace

Dopo la preghiera, Papa Leone XIV e Re Carlo hanno proseguito i colloqui nella Sala Regia. L’incontro ha avuto un forte accento ambientale e sociale, in continuità con le encicliche Laudato si’ e Laudate Deum.

A introdurre il tema della sostenibilità è stata suor Alessandra Smerilli, segretaria del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale. A suggellare il dialogo, un gesto simbolico: lo scambio di due orchidee bianche Cymbidium, piante resistenti, capaci di fiorire anche in condizioni difficili.

Un segno che, come ha osservato un diplomatico vaticano, “riassume il senso della giornata: il coraggio di custodire la bellezza, anche quando il mondo sembra arido”.

Nei colloqui bilaterali sono stati toccati temi cruciali: la tutela dell’ambiente, la lotta alla povertà, la promozione della pace, la difesa della dignità umana.

In questa cornice, la collaborazione tra Regno Unito e Santa Sede è apparsa non solo come un fatto politico, ma come una comune vocazione morale.

A San Paolo fuori le Mura: due confratelli per l’unità

Nel pomeriggio, la scena si è spostata nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, dove è stato conferito a Re Carlo il titolo onorifico di Royal Confrater, riconoscimento ecumenico concesso per la prima volta a un sovrano britannico.

Un seggio permanente, con inciso lo stemma reale e il motto evangelico Ut unum sint (“Che siano uno”), ricorderà per i secoli futuri questo passo di riconciliazione.

A sua volta, il Re ha conferito al Pontefice il titolo di Papal Confrater della Cattedrale anglicana di Westminster, in un gesto di reciprocità e rispetto.

La basilica scelta per la cerimonia non è casuale: nei secoli, diversi monarchi inglesi contribuirono alla manutenzione della tomba dell’Apostolo Paolo, segno di un legame antico tra Londra e Roma che oggi si rinnova nel segno della comunione.

Il Giubileo come orizzonte di speranza

La visita di Carlo e Camilla si iscrive pienamente nello spirito del Giubileo 2025, tempo di riconciliazione e di misericordia.

Mai, dai tempi della Riforma, un sovrano britannico aveva partecipato a una liturgia pubblica con un Papa: la scena della Cappella Sistina resterà come una pietra miliare del dialogo tra cattolici e anglicani.

Per Leone XIV, è “un passo che non cancella le differenze, ma le trasfigura nella luce della fraternità evangelica”.

Per Re Carlo, da sempre sensibile ai temi del creato e della spiritualità interreligiosa, è “un modo per custodire insieme la casa comune che Dio ha affidato all’umanità”.

Sotto la volta michelangiolesca, dove la Giustizia e la Misericordia si incontrano, Roma e Canterbury hanno pregato insieme.

E in quella preghiera, molti hanno intravisto non un epilogo, ma un nuovo inizio: il segno che, nel cammino verso l’unità, la fede può ancora aprire strade che la politica da sola non sa immaginare.