Analisi alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa e delle Leggi degli USA

Negli Stati Uniti cresce il numero dei senzatetto, ma invece di affrontare le cause strutturali della povertà, l’ex presidente Trump risponde con sgomberi forzati, internamenti coatti e tagli al welfare. Una politica che, oltre a preoccupare le organizzazioni umanitarie, rischia di violare principi fondamentali della Costituzione americana e della Dottrina sociale della Chiesa. Ma forse è proprio questo il volto che una parte dell’America ha scelto: un Paese dove la povertà è punita e la libertà è solo per chi ce la fa.

Negli Stati Uniti, più di 770.000 persone vivono per strada, in tende, in auto, sotto cavalcavia o in rifugi di fortuna. È il numero più alto degli ultimi decenni, ma non è questo a fare notizia. Fa notizia, semmai, la risposta politica e culturale che si sta affermando: non l’inclusione, ma la rimozione. Non il prendersi cura, ma il far sparire.

Con un ordine esecutivo firmato nel 2024, l’ex presidente Donald Trump – tornato con forza sulla scena pubblica – ha incoraggiato gli Stati a sgomberare con la forza gli accampamenti dei senzatetto e a collocarli, anche senza il loro consenso, in istituti psichiatrici o centri per tossicodipendenti. In parallelo, la sua amministrazione ha tagliato oltre un miliardo di dollari ai servizi pubblici per la salute mentale e le dipendenze, e ha proposto ulteriori riduzioni.

È il volto più crudo di una politica che confonde la povertà con il disordine e risponde al disagio con la forza. Una politica che, in nome della sicurezza urbana, trasforma i poveri in sospetti, gli ultimi in colpevoli, e l’emarginazione in un problema da nascondere. Ma il dramma, più ancora che nel contenuto del provvedimento, sta nel linguaggio che lo accompagna: Trump ha parlato di una “larga maggioranza di senzatetto tossicodipendenti, affetti da disturbi mentali e spesso violenti”. È la narrazione della paura, costruita su dati parziali e su generalizzazioni pericolose. È l’antica strategia di scaricare su chi non ha voce la responsabilità di un fallimento collettivo.

Eppure, secondo dati ufficiali raccolti dalla Los Angeles Homeless Services Authorityquasi la metà dei senzatetto ha più di 50 anni, non fa uso di droghe e ha un reddito medio di 960 dollari al mese. Si tratta spesso di persone che hanno perso il lavoro, un coniuge, la salute, un equilibrio. Non sono criminali: sono poveri. Ma questo, evidentemente, non basta più per meritare rispetto.

Le associazioni umanitarie e gli esperti di diritto costituzionale hanno già lanciato l’allarme: simili provvedimenti mettono a rischio la legittimità federale degli interventi, sconfinando nelle competenze riservate agli Stati (violando così il X emendamento della Costituzione USA), e possono sfiorare la violazione dell’VIII emendamento, che vieta punizioni crudeli o inusuali, oltre che del XIV, che tutela il diritto al giusto processo. Rinchiudere una persona perché povera – e farlo senza garanzie – è una ferita al diritto e alla democrazia.

Ma è anche – e soprattutto – una ferita all’etica sociale, alla visione dell’uomo che la Dottrina sociale della Chiesa non smette di proporre con voce limpida. Il Compendio al n. 182 lo ricorda: “La lotta contro l’emarginazione esige misure concrete per garantire a tutti casa, lavoro, salute e dignità”. E Papa Francesco ha parole ancora più nette: “È incredibile che non si provi indignazione per la morte di un senzatetto per il freddo, mentre una flessione in Borsa è vista come una tragedia” (Evangelii Gaudium, n. 53).

Punire la povertà, negare l’ascolto, nascondere il disagio: tutto questo tradisce la vocazione di una società fondata sulla dignità della persona. E, nel caso degli Stati Uniti, travia anche il senso autentico della loro Costituzione, nata per garantire libertà e diritti a tutti, non solo a chi ce la fa.

Ma forse è proprio questa la domanda più amara: l’America lo vuole così?

Vuole davvero un Paese dove la libertà è un premio per chi vince, e la povertà è una condanna che si espia con l’esilio?

Dove si tolgono i rifugi invece di costruirli, si chiudono le mense invece di aprirle, si taglia il welfare invece di ampliarlo?
Negli USA, includendo gli stanziamenti supplementari approvati nel luglio 2025, la spesa annuale record prevista per quest’anno in armamenti è di  1,06 trilioni di dollari.

È la logica di una guerra tra poveri, dove non si affrontano le cause della miseria, ma si combattono i suoi effetti, come se si potesse spegnere un incendio nascondendo la cenere sotto il tappeto. Una società così non è solo ingiusta: è fragile. Perché una città senza spazio per gli ultimi è una città che ha già perso la sua anima.

E noi, da questa parte dell’oceano, cosa impariamo? Che la povertà non va né ignorata né addomesticata. Va accolta, ascoltata, accompagnata, con coraggio e con politiche che mettano la persona prima del profitto. Solo così il Vangelo può tornare a farsi carne anche nei vicoli della modernità. Solo così la democrazia non si riduce a una vetrina. Solo così la libertà non diventa un privilegio.