Nel cuore martoriato dell’Africa, nella Repubblica Democratica del Congo, l’ennesima strage è passata quasi inosservata nel rumore globale dell’informazione. A Komanda, nell’Ituri orientale, una comunità giovanile cattolica è stata massacrata nella notte mentre dormiva nella chiesa parrocchiale di Blessed Anuarite.
Erano giovani della Crociata Eucaristica, riuniti per il giubileo. Avevano appena finito una prova di canto per la Messa domenicale, quando un commando di miliziani affiliati all’Isis (ADF – Allied Democratic Forces) ha fatto irruzione con machete e fucili. Sono morte 43 persone, tra cui nove bambini. Alcune decapitate, altre giustiziate. I superstiti parlano di “attesa in silenzio del proprio turno per morire”. Una fossa comune ha accolto i loro corpi, tra il pianto di una madre e l’indifferenza del mondo.
La carne cristiana come bersaglio geopolitico
Questo massacro non è un incidente, ma l’ultimo tassello di una strategia terroristica mirata. L’ADF, un tempo ribellione ugandese a ispirazione islamica, oggi è braccio operativo dell’Isis nell’Africa centrale. Dopo la caduta del Califfato in Medio Oriente, l’organizzazione ha spostato il suo baricentro verso il Sahel, la RDC orientale, il Mozambico. Non è più una guerra di religione, ma una guerra sul controllo delle risorse, travestita da ideologia.
L’Ituri è un territorio sterminato e ricchissimo: oro, coltan, rame, uranio, terre rare. Tutto ciò che serve alla transizione energetica, all’intelligenza artificiale, alle industrie “green” dell’Occidente. La popolazione locale, però, non è parte del futuro: è vittima sacrificale. I civili vengono massacrati, i villaggi evacuati, le chiese bruciate. L’obiettivo? Spopolare la terra per controllare la ricchezza.
In mezzo a questo, le milizie jihadiste diventano strumenti di destabilizzazione. I cristiani, in particolare, rappresentano un doppio problema: radicamento sociale e coscienza critica. Sono loro, spesso, a guidare cooperative, scuole, dispensari. Ucciderli significa spezzare il legame tra popolo e speranza.
La comunità internazionale si volta altrove
Di fronte a questo dramma, il silenzio delle cancellerie occidentali è assordante. Le truppe dell’ONU, la Monusco, sono da tempo inefficaci. Le truppe ugandesi, invitate per contrastare l’ADF, sembrano più attente al controllo dei giacimenti che alla protezione della popolazione. Il governo congolese è assente, frammentato, a volte complice.
Intanto, le multinazionali continuano a operare. Il coltan passa. L’oro scorre. I dati satellitari si aggiornano, le esportazioni crescono. E i morti vengono sepolti nel silenzio.
La vita umana vale ancora qualcosa?
Papa Leone XIV, raccogliendo la voce profetica di Papa Francesco, ha espresso “costernazione e profondo dolore”. Ma serve di più. Serve una presa di posizione chiara della Chiesa universale, delle comunità cristiane europee e americane, che spesso tacciono quando la violenza non tocca i loro confini. I martiri d’Africa non valgono meno dei martiri d’Europa.
Come possiamo celebrare l’Eucaristia, sapendo che quei giovani e bambini sono stati massacrati mentre preparavano la Messa?
Come possiamo parlare di “diritti umani” se non ci indigniamo quando i cristiani vengono uccisi per la loro fede e il loro impegno?
Come possiamo continuare a parlare di “sviluppo sostenibile” se questo si fonda sull’insostenibile sofferenza di chi estrae i nostri minerali?
Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza memoria
L’Africa non è solo la discarica dell’Occidente, né la miniera del futuro digitale. È una terra viva, ferita, abitata da popoli che credono, sperano, amano. Ed è una terra dove oggi si continua a morire da cristiani, in silenzio, nel disinteresse quasi generale.
Chi scrive queste righe è sacerdote. E non può fare a meno di piangere insieme a padre Joel, che invece di celebrare un giubileo ha dovuto presiedere una sepoltura di massa nella sua chiesa devastata. Quei giovani non erano miliziani, né mercenari. Erano ragazzi che pregavano, sognavano, studiavano.
Non meritavano il silenzio, e neppure la rassegnazione.
“La Chiesa nasce ai piedi della Croce.
E lì ci sono anche i martiri dell’Africa, testimoni
silenziosi e luminosi della verità di Cristo.”