In un sabato mattina romano come tanti, tra clacson e passi affrettati, un gruppo di volontari ha deciso di fare ciò che le istituzioni non fanno: restituire decoro a Viale di Porta Tiburtina, simbolo della marginalità nascosta sotto il tappeto dell’indifferenza pubblica.

C’è una Roma che non aspetta. Non attende bandi, proclami, piani strategici o giri d’ispezione in vista del Giubileo. È la Roma dei volontari, dei cittadini armati di guanti, sacchi e senso civico. È la Roma di Retake, l’associazione che da anni ridà decoro ai luoghi dimenticati, quelli che l’amministrazione ignora ma che parlano di noi, della nostra identità e del rispetto che dobbiamo ai nostri spazi.

Questa mattina, i volontari di Retake hanno messo mano a Viale di Porta Tiburtina, in un gesto che sa di amore e denuncia insieme. Il viale, che collega la zona della Stazione Termini con il quartiere San Lorenzo, è diventato il nuovo sfondo di una delle tante strategie dell’apparenza: ripulire il centro per offrire ai turisti un’immagine scintillante, spostando però la marginalità ai margini, come fosse zavorra sociale da occultare.

Infatti, l’attuale amministrazione ha ripulito la zona antistante la stazione Termini, ma il prezzo di questo maquillage è stato lo spostamento forzato di senzatetto verso gli ingressi di San Lorenzo. Una logica da “cenere sotto il tappeto”, che ha avuto come conseguenza l’occupazione informale e caotica del marciapiede di Viale di Porta Tiburtina, già devastato da incuria e pericolosità.

Il manto stradale è dissestato, i divieti di sosta non vengono rispettati, e ai residenti è spesso precluso l’accesso ai propri cancelli. Una situazione aggravata dalla ricrescita dell’erba lungo le Mura Tiburtine, che pur essendo sottoposte a tutela da parte della Soprintendenza, sono ormai sommerse da vegetazione, sporcizia, rifiuti, vetri, materassi abbandonati e resti alimentari che attraggono topi e insetti. Le transenne in plastica, installate anni fa per un cantiere mai completato, giacciono ora come testimoni inerti di un degrado urbano senza controllo.

Eppure, circa 15 giorni fa una segnalazione dettagliata è stata inviata via PEC all’Ufficio per il Decoro Urbano, al Comando della Polizia Locale e al Sindaco in persona. Nessuna risposta. Nessun intervento. Nessuna manutenzione. Nulla.

Così i cittadini, nel pieno spirito del principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 della Costituzione, sono scesi in strada per colmare il vuoto dell’inazione pubblica. Ma questo non può diventare la norma. Perché i cittadini pagano le tasse, e il loro impegno civico non deve servire a legittimare l’abbandono da parte delle istituzioni, bensì a stimolare una presa di responsabilità.

C’è un interrogativo che brucia: perché un lavoro pubblico — probabilmente affidato alla Soprintendenza o ad altri enti — è rimasto incompiuto, lasciando degrado e pericoli evidenti? È una domanda che merita un approfondimento da parte della stampa, ma anche una segnalazione formale alla Corte dei Conti e un esposto alla Procura della Repubblica per verificare eventuali responsabilità, omissioni, sprechi o danni erariali.

In fondo, dietro le erbacce e i rifiuti, c’è una questione più profonda: la dignità urbana è un diritto di tutti, non un privilegio da esibire a intermittenza.

Oggi, Retake ha fatto molto più di una pulizia. Ha lanciato un grido, ha mostrato una ferita, ha dato esempio di speranza. Ma ora tocca a chi governa. Perché non è solo la città a essere sporca: è la coscienza pubblica che dev’essere ripulita.

viale porta tiburtina 2 1