Epstein files e I miliardari depravati che complottavano contro Papa Francesco

Ci sono pagine di cronaca nera che diventano, loro malgrado, pagine di storia spirituale. Gli Epstein files appartengono a questa categoria: non solo perché rivelano l’orrore dell’isola in cui venivano distrutte le vite di ragazze e minorenni, ma perché accendono una luce su un fenomeno sotterraneo e più sottile, che riguarda il modo in cui alcuni ambienti tradizionalisti, teocon e militanti, hanno usato il linguaggio religioso come arma culturale, in parallelo alla costruzione di un nuovo immaginario politico sovranista.

L’ombra dell’isola e il vento del sovranismo: come Epstein, Bannon e il trumpismo hanno provato a piegare la Chiesa. E come Leone XIV li smentisce

C’è un filo che unisce l’isola maledetta di Jeffrey Epstein e i salotti ovattati dove si decide la politica globale. Non è un filo di seta. È un cavo d’acciaio che attraversa i jet privati, le fondazioni milionarie, gli incontri riservati, le abbaglianti feste reali, e poi scende, come un’ombra lunga, nei sottoscala della politica mondiale, dove si forgiano narrative tossiche, si producono identità di massa, e si fabbricano nemici da sacrificare sull’altare del consenso.

Negli Epstein Files, quel mondo prende forma: non il ritratto di singoli colpevoli, ma la mappa di un potere che si reggeva su tre valute: denaro, silenzio, accesso.

Accanto ai nomi noti del jet set — come il principe Alberto di York, presente in più di una circostanza — si muoveva un arcipelago di consulenti, editori, accademici, politici debosciati.

Non necessariamente complici.

Ma certamente parte di un sistema che non chiedeva mai troppe spiegazioni.

È un universo che coincide quasi perfettamente con un’altra geografia: quella della crociata sovranista contro Papa Francesco, poi rilanciata — con maggior spregiudicatezza — contro il nuovo pontefice, Leone XIV, americano e per questo ancor più temuto dagli stessi ambienti che speravano nel “grande ritorno” identitario.

La domanda è semplice: perché la Chiesa dà così fastidio a questo mondo?

Il capitale della moralità: la Chiesa come ultimo ostacolo

A dare fastidio non è la Chiesa, ma la sua voce.

E più precisamente: la parte della Chiesa che insiste — quasi ostinatamente — a ricordare che i poveri esistono, che i migranti non sono una minaccia, che il pianeta non è un trofeo, che il corpo non si compra, e che la politica non è una liturgia del potere.

È qui che entrano in scena Steve Bannon e l’Internazionale del risentimento.

Il laboratorio di Trisulti, le conferenze in Europa, l’alleanza con le destre cattoliche americane, i blog identitari che da anni cercano un “Papa alternativo”: tutto nasce dall’idea che il Vaticano sia un ostacolo culturale al nuovo ordine sovranista.

L’operazione è semplice: se non puoi influenzare la Chiesa, costruiscine una parallela.

Ed ecco allora la figura — usata più che coinvolta — del cardinale Raymond Burke come vessillo di un cattolicesimo arrabbiato, che parla più di tradizione che di Vangelo, più di confini che di fratellanza, più di liturgia che di carne viva delle persone.

Burke non è imputato né sospettato di nulla: è un simbolo.

E i simboli, in politica, valgono più dei fatti.

Trump e il cristianesimo come arma

Ma il cuore vero del dispositivo ha un nome chiarissimo: Donald Trump.

Trump e il suo mondo hanno intuito che la religione è un acceleratore identitario potentissimo. Non la fede, ma il brand del cristianesimo: la croce come bandiera, il Vangelo come slogan, la morale come geopolitica.

Il trumpismo non chiede alla Chiesa di essere santa; le chiede soltanto di essere utile. Utile contro i migranti, contro il multilateralismo, contro ogni ecologia che ponga limiti al profitto, contro l’idea stessa di uguaglianza e, in definitiva, contro tutto ciò che non si può controllare.

Papa Francesco è stato il primo argine.

Ma il mondo di Trump ha pensato di poterlo delegittimare come “latinoamericano estraneo all’Occidente”.

Ora però c’è Leone XIV, uno che l’America la conosce davvero, e che dalla sua America è venuto via per vivere vent’anni tra i poveri del Perù.

E questo, per l’ecosistema trumpiano, è uno smacco perfetto.

Leone XIV: l’America che smentisce Trump

Leone XIV è l’antidoto — morale, culturale, antropologico — al trumpismo perché porta con sé un senso della realtà che smonta ogni caricatura: è americano senza essere suprematista, missionario senza alcuna nostalgia coloniale, vicino al popolo senza indulgere al populismo, attento alla fragilità senza cedere al mito della forza. La sua elezione ha mandato in frantumi la comoda retorica del “Papa che non capisce l’Occidente”, perché oggi il Papa è l’Occidente — ma nella sua forma più umana, solidale e universale.

Ma è l’Occidente dei diritti, della solidarietà, della cooperazione internazionale, della giustizia sociale, non quello della frontiera armata e del Vangelo brandito come manganello.

Leone XIV è la prova vivente che si può essere americani senza essere trumpiani.

E che si può parlare al mondo globale senza trasformare la fede in una fortezza identitaria.

Oltre l’isola, oltre il mito, oltre la paura

La storia degli Epstein Files non è il pettegolezzo delle élite decadenti, ma il promemoria di un conflitto più grande:

il conflitto tra il potere che compra e la fede che libera, tra la logica del possesso e la logica del dono, tra la politica come dominio e la politica come responsabilità.

Ed è per questo che certi mondi attaccano Roma: perché la Chiesa — quando fa la Chiesa — mette una crepa nella corazza ideologica del potere assoluto.

Se nel tempo delle isole private, delle minorenni mercificate, dei miliardari pedofili senza patria e dei sovranismi senza scrupoli, la Chiesa torna a ricordare che la dignità non si compra e non si baratta, allora si capisce perché hanno paura.

Perché quando un uomo, venuto dall’America profonda e dalle Ande del Perù, sale sulla cattedra di Pietro e dice semplicemente: «L’essere umano non è una merce», allora tutto l’ingranaggio si inceppa.

Ed è in quell’inceppamento che — forse — ricomincia la storia.