Con la morte di Pippo Baudo si chiude una stagione della televisione italiana. Non è solo la scomparsa di un conduttore di successo, ma la fine di un’epoca in cui la TV rappresentava un punto di riferimento unitario per milioni di famiglie.

Baudo, insieme a Mike Bongiorno, Corrado ed Enzo Tortora, ha formato il quartetto che per decenni ha segnato l’immaginario collettivo del Paese. Con i loro stili diversi hanno accompagnato l’Italia nella transizione dal bianco e nero al colore, dalla televisione pedagogica a quella dell’intrattenimento, dal racconto nazionale alla nascita della società dello spettacolo.

Oggi lo scenario è mutato. L’offerta mediale è frammentata, personalizzata, spesso consumata in solitudine. Vale ancora la lezione di Marshall McLuhan“il medium è il messaggio”. Non era solo ciò che si vedeva, ma il modo in cui veniva condiviso a fare la differenza. Se un tempo la televisione costruiva comunità, oggi i nuovi media creano identità parallele e mondi separati.

Il cordoglio diffuso per Baudo non è dunque soltanto un omaggio a una figura popolare, ma anche il riconoscimento di una stagione in cui lo schermo televisivo sapeva unire. Una “canonizzazione laica”, potremmo dire, che restituisce dignità a un mezzo che – pur con limiti e rischi – ha svolto un ruolo sociale, culturale e perfino educativo.

La scomparsa di Pippo Baudo ci ricorda che i media non sono strumenti neutri: cambiano il nostro modo di vivere insieme. E dietro la nostalgia di un volto familiare, resta la domanda su come, oggi, possiamo ritrovare luoghi comuni di parola, immaginazione e speranza.