C’era una volta un’America che, almeno per convenienza, cercava di aiutare il mondo. Oggi non c’è più. A meno di tre settimane dalla definitiva chiusura dell’USAID, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, centinaia di tonnellate di aiuti alimentari stanno per essere gettate o incenerite. Biscotti ad alto valore nutritivo, pensati per emergenze umanitarie, finiranno bruciati a Dubai. Costo dell’operazione: quasi 900mila dollari per l’acquisto e altri 100mila per lo smaltimento. Altro che lotta allo spreco.
Questa è la fotografia plastica del trumpismo: un governo che taglia, smantella, licenzia, e poi butta via anche quello che avrebbe potuto salvare vite. La motivazione? Ridurre il ruolo dello Stato. Ma lo Stato che si riduce su chi ha fame, si gonfia sempre per le armi, le trivelle e i muri di confine.
USAID era – dati Lancet alla mano – il più grande programma di aiuti umanitari al mondo. Ha salvato 90 milioni di vite in vent’anni. Ora rischia di diventare un cimitero di cibo inutilizzato. Solo dopo le denunce della stampa americana si è salvata una minima parte delle scorte. Il resto finirà tra le fiamme. E non è una metafora.
Trump ha fatto della guerra contro gli “sprechi” il suo vessillo ideologico. Ma è un’ideologia perversa: ciò che si definisce spreco non è mai la spesa militare, ma sempre il pane ai poveri. Così, mentre nel mondo aumentano guerre, catastrofi climatiche e crisi migratorie, Washington si tira indietro proprio dai programmi che garantivano acqua, rifugio e cure ai dannati della terra.
Il Congresso ha appena approvato la revoca di 8 miliardi di dollari già stanziati per interventi d’emergenza. Basta con gli alloggi per rifugiati. Stop ai medicinali contro l’HIV. Niente più fondi per l’Africa, per Haiti, per chi fugge dalla guerra. Si chiude la baracca. In nome dell’“America first”, il mondo può morire.
Nel frattempo, le grandi potenze si contendono l’Artico, il Pacifico, la Luna. La geopolitica si gioca con i satelliti e con i carri armati, mentre il Sud del mondo viene lasciato senza un bicchiere d’acqua.
Questa non è solo la fine dell’USAID. È la fine di un’ipocrisia: l’idea che l’Occidente, almeno formalmente, avesse una responsabilità morale nel mondo. Oggi nemmeno la forma. Resta solo la brutalità di un ordine neoliberale che si protegge con i dazi e brucia i biscotti dei bambini. Con l’indifferenza come dottrina.