Nella lectio magistralis pronunciata il 9 ottobre 2025 alla Pontificia Università Antonianum, P. Vincenzo Battaglia OFM ha tracciato la sintesi di una vita teologica spesa “nel nome di Francesco d’Assisi”. Con la sua “cristologia affettiva”, ha restituito alla ricerca accademica la forza della contemplazione e della tenerezza del Verbo incarnato, rinnovando insieme lo spirito dell’Antonianum e la formazione dei Frati Francescani dell’Immacolata.

C’è una sapienza che non si impara solo sui libri, ma si trasmette nel silenzio delle aule, nella fedeltà al Vangelo e nel dialogo tra ragione e amore. È quella che P. Vincenzo Battaglia OFM, professore emerito di teologia e voce tra le più autorevoli della scuola francescana contemporanea, ha offerto nella sua lectio magistralis dal titolo «L’amore del Cristo ci possiede» (2Cor 5,14), pronunciata lo scorso 9 ottobre alla Pontificia Università Antonianum.

In un’aula gremita di confratelli, studenti e docenti, la sua parola — semplice, salda, commossa — è diventata non solo un atto accademico, ma un gesto di gratitudine ecclesiale. Il frate-teologo che per oltre quarant’anni ha formato generazioni di studiosi e di religiosi ha consegnato alla Chiesa e all’università una sintesi alta e accessibile: la teologia, per restare viva, deve essere affettiva, non solo speculativa. Deve partire dal cuore di Cristo per tornare al cuore dell’uomo.

Il francescano che ha ridato vita all’Antonianum

Il lungo itinerario di P. Battaglia è intrecciato con quello della Pontificia Università Antonianum, alla cui rinascita egli ha contribuito in modo decisivo. Professore di cristologia, decano, formatore e maestro, ha accompagnato l’Ateneo nei passaggi più delicati della sua storia recente, facendo della ricerca teologica non un privilegio intellettuale, ma un servizio ecclesiale.

La sua opera è stata quella di tenere insieme il rigore accademico e la passione spirituale, restituendo alla teologia francescana il suo volto originario: quello di una scientia amoris, una conoscenza che nasce dall’incontro e dalla compassione, dalla contemplazione e dalla povertà.

Chi lo ha conosciuto sa che dietro le sue pagine vi è sempre un’eco francescana: il desiderio di “toccare il Verbo” come Maria, di guardare a Cristo come il “totus desiderabilis” di Bonaventura, di leggere la storia come un cammino di redenzione nella bellezza.

Con la sua cristologia affettiva, P. Battaglia ha risposto alla crisi di una teologia spesso rinchiusa nei recinti accademici o priva di calore spirituale. Egli ha mostrato che la riflessione su Cristo non è mai solo dottrina, ma esperienza di appartenenzapossessio cordis: lasciarsi amare da Cristo fino ad essere posseduti dal suo amore, come ricorda Paolo ai Corinzi.

La “cristologia affettiva”: teologia con il cuore di Cristo

Il cuore del suo pensiero si riassume in una parola chiave: affettività.

Per P. Battaglia, l’affettività di Gesù — la sua umanità sensibile, il suo modo di amare, di commuoversi, di perdonare — non è un dettaglio emotivo, ma la rivelazione stessa di Dio come misericordia incarnata.

Nel Cuore trafitto del Figlio di Dio si uniscono la tenerezza del Padre e la pienezza dello Spirito: qui si radica quella “cristologia affettiva” che restituisce al pensiero credente la dimensione contemplativa e relazionale della fede.

In questa prospettiva, il teologo francescano si muove nella linea dei grandi maestri dell’Ordine — da Bonaventura a Duns Scoto — e in profonda sintonia con il magistero di Papa Francesco, che nella Dilexit nos ha definito il Cuore di Cristo come “sintesi del Vangelo”. La teologia del cuore, in fondo, è teologia del servizio: una scienza che si inginocchia davanti al mistero e lo traduce in carità operosa.

Il contributo alla formazione e alla vita religiosa

Non meno importante è stato il contributo di P. Vincenzo Battaglia alla formazione dei Frati Francescani dell’Immacolata, ai quali ha offerto per anni corsi, accompagnamento spirituale e discernimento teologico.

La sua influenza non è stata quella di un docente che trasmette nozioni, ma di un maestro che plasma lo sguardo teologico: ha insegnato a leggere Maria come cuore della cristologia francescana, a partire dal Cuore di Cristo e in comunione con la sapienza di Duns Scoto.

Il suo lavoro ha favorito nei giovani frati una rinascita del pensiero teologico vissuto come preghiera, ricerca e missione, aiutando l’Istituto a ritrovare equilibrio dottrinale e profondità spirituale dopo le stagioni di turbamento e confusione.

La teologia come scuola di umanità

Nella sua lectio, P. Battaglia ha ripetuto con accenti di commozione la frase che segnò la sua vocazione: “Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni.”

È la consegna di Francesco ai suoi frati, ma anche quella del maestro ai suoi studenti. Per lui la teologia non è mai “possedere Dio”, ma lasciarsi possedere da Lui. Non è difendere la verità, ma farla brillare nella vita.

In un’epoca segnata da polarizzazioni ideologiche anche dentro la Chiesa, la sua lezione ricorda che la fede si comunica con la sapienza del cuore, quella che unisce intelletto e compassione, verità e tenerezza, dottrina e vita.

Alla Pontificia Università Antonianum, che egli ha contribuito a rendere di nuovo un laboratorio di teologia viva e missionaria, resta come eredità non un metodo, ma uno stile: pensare con il cuore di Cristo e insegnare con la mitezza di Francesco.


Con la sua “cristologia affettiva”, P. Vincenzo Battaglia ha mostrato che la vera teologia non nasce dall’ansia di definire, ma dal desiderio di amare. La sua è una lezione per l’Accademia e per la Chiesa: che la sapienza non è mai disgiunta dalla bontà, e che il cuore è il primo luogo della rivelazione.