Leone XIV: «Restaurare la santità profanata»
Un gesto che ferisce la fede e la civiltà. Il rito di riparazione come risposta spirituale, non vendicativa
Ci sono luoghi che non appartengono solo ai credenti, ma alla coscienza di tutti.
La Basilica di San Pietro è uno di questi. Per questo l’atto osceno compiuto da un turista — che si è spogliato e ha tentato di urinare sull’altare maggiore — è più di una cronaca: è una ferita al senso stesso del sacro.
Papa Leone XIV, “profondamente costernato”, ha ordinato un rito penitenziale di riparazione urgente per “restaurare la santità della Basilica e chiedere perdono a Dio per l’ingiuria compiuta”. Il rito si è svolto lunedì, con la basilica chiusa ai fedeli, dopo un incontro teso tra il Papa e il cardinale Mauro Gambetti, arciprete di San Pietro.
Non è un formalismo, ma un segno. Quando un luogo sacro viene profanato, la Chiesa risponde con la preghiera e l’acqua benedetta, non per “ripulire” le pietre, ma per sanare lo smarrimento morale che certi gesti rivelano. È la logica evangelica: non reagire con la condanna, ma con la misericordia e la verità.
È il terzo episodio in due anni. Eppure la risposta di Leone XIV non cerca il clamore, ma l’educazione al rispetto del sacro. Perché dove tutto diventa spettacolo — perfino l’oltraggio — il Papa ricorda che esiste ancora un confine tra libertà e volgarità, tra curiosità e sacrilegio.
Il rito di riparazione non è una chiusura, ma un atto di fiducia nella santità che resiste, come la fede stessa di Pietro, che nessuna offesa può cancellare.
È così che la Chiesa risponde al male: non con l’odio, ma con la speranza.