Martedì 4 novembre, nella Curia generalizia dei Gesuiti a due passi dal Vaticano, il cardinale Víctor Manuel Fernández presenterà Mater Populi Fidelis, la nuova nota dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede sui titoli mariani legati alla cooperazione di Maria all’opera della salvezza. Il documento sarà pubblicato a mezzogiorno sul sito della Santa Sede e vedrà la partecipazione del teologo Maurizio Gronchi e di monsignor Armando Matteo.

Un testo atteso, perché tocca una sensibilità teologica e pastorale delicata: fino a che punto si può parlare della partecipazione della Vergine alla Redenzione? E come custodire l’unicità della mediazione di Cristo, evitando tanto l’eccesso apologetico quanto lo smarrimento della dimensione mariana della fede?

In realtà, la Chiesa possiede già la bussola autorevole per orientarsi in questa discussione: la Costituzione dogmatica Lumen gentium. È il Concilio Vaticano II, e non una corrente teologica o una sensibilità devozionale, ad offrire il criterio decisivo.

In Lumen gentium 60, i Padri conciliari hanno affermato con limpidezza che Cristo è l’unico Mediatore tra Dio e gli uomini: “uno solo è anche il Mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù”. Nello stesso passo, hanno precisato che la funzione materna di Maria “in nessun modo oscura o diminuisce questa unica mediazione di Cristo, ma ne mostra l’efficacia”. Non un’ombra sul Cristo, dunque, ma un riflesso purissimo. Un canale trasparente, non una sorgente autonoma. Questo è già un punto cruciale: Maria non è alternativa a Cristo, ma la prova vivente che la grazia può operare pienamente in una creatura senza intaccare l’assoluta primazia del Salvatore.

Il Concilio ha poi riconosciuto, in una delle sue più alte formulazioni, che Maria è stata “generosamente associata” all’opera di Cristo “a un titolo assolutamente unico” (LG 61). Il suo sì non è stato simbolico, ma reale: Maria ha concepito, portato, offerto, sofferto con il Figlio e per il Figlio. Ha cooperato “con obbedienza, fede, speranza e ardente carità” alla restaurazione della vita divina nelle anime. La sua presenza alla croce non fu devozione sentimentale, ma partecipazione drammatica all’atto redentivo, benché sempre e soltanto come creatura resa capace dalla grazia.

E tuttavia ― ed è questo equilibrio che Mater Populi Fidelis intende certamente onorare ― tale partecipazione rimane sempre “subordinata”, come precisa Lumen gentium 62. Maria continua, nella gloria, a esercitare una funzione materna nella grazia; intercede, custodisce, accompagna i fratelli del Figlio “fino a che non siano condotti nella patria beata”. Per questo è invocata come avvocata, ausiliatrice, soccorritrice e mediatrice. Ma tutto questo, nota il Concilio, va inteso “in modo che nulla sia detratto o aggiunto alla dignità e alla efficacia di Cristo, unico Mediatore”.

Questa è la chiave cattolica, luminosa e semplice: l’unica mediazione del Verbo non elimina, ma suscita collaborazioni. Non per diritto naturale, ma per grazia traboccante. Non per forza propria, ma per pura partecipazione.

Se in Cristo l’umanità è salvata, in Maria vediamo l’umanità che libera e gioiosa risponde. Come insegna il Concilio, nessuna creatura può essere paragonata a Cristo; e tuttavia il suo sacerdozio si comunica alla Chiesa, come la sua bontà trabocca nelle creature. Così anche la sua mediazione si riflette in quella che Maria esercita: non una seconda redenzione, ma la perfezione della risposta ecclesiale alla Redenzione.

Il documento che sta per essere pubblicato non intende chiudere, ma orientare. Non ridurre l’amore mariano, ma purificarlo, perché sia più evangelico, più ecclesiale, più cristocentrico. Non a caso il titolo parla di Maria come Madre del popolo fedele: la sua grandezza non la pone fuori dalla Chiesa, ma la radica nel suo cuore. In Lei la Chiesa vede il suo volto futuro e la sua risposta perfetta: creatura totalmente salvata e totalmente consegnata.

Questa è la vera posta in gioco: non un titolo mariano da aggiungere o togliere, ma la forma cristiana della cooperazione alla salvezza. Maria precede e illumina il cammino di ciascun battezzato. Non perché partecipi a un potere divino, ma perché ha lasciato che la grazia la possedesse senza riserve. La sua maternità spirituale dice che nel Regno di Dio il primato non è della volontà di potenza, ma della disponibilità totale.

E forse sta qui la profezia più alta che questo testo consegna al nostro tempo: Maria non ruba nulla a Cristo; lo mostra nella sua pienezza. Chi teme che parlare di Maria oscuri il Signore, non ha ancora compreso fino in fondo che tutto ciò che è vero di Lei è grazia del Figlio. E chi ama davvero Maria non può che desiderare, con Lei, ciò che Lei desidera: che Cristo sia tutto in tutti.