A Mariamabad la Madre unisce dove gli uomini dividono

A Mariamabad, nel cuore del Punjab pakistano, la fila davanti alla grotta mariana non chiede documenti né appartenenze religiose. Ci sono anziani con il bastone e bambini scalzi, madri velate e giovani in jeans, cristiani e musulmani, ognuno con il proprio bagaglio di preoccupazioni e speranze. Qualcuno sussurra un’Ave Maria, altri invocano il nome di Maryam, venerata anche nel Corano. Ai piedi della statua, ispirata alla Madonna di Lourdes, si ritrovano fratelli e sorelle di fedi diverse. E già questo è pace, senza tavoli negoziali né protocolli.

Maria, un ponte che non crolla

Maria non è un concetto astratto: è una presenza viva. Per i cristiani è la Madre del Signore e la discepola perfetta; per i musulmani è Maryam, purissima e madre del profeta Gesù. Qui sta la sua forza di ponte: non elimina le differenze, ma insegna a guardarsi negli occhi senza paura. La vera “diplomazia delle culture” comincia così, non con la strategia ma con la stima reciproca, con la certezza che l’altro porta in sé un tesoro da rispettare.

Mariamabad: il villaggio di Maria

Sorto oltre un secolo fa come “Città di Maria”, Mariamabad è oggi uno dei luoghi mariani più frequentati del Pakistan. Ogni 8 settembre, festa della Natività di Maria, centinaia di migliaia di pellegrini arrivano da ogni parte del Paese, a piedi o in autobus, per pregare e affidarsi. Qui la devozione si intreccia con gesti concreti di carità: pasti caldi distribuiti gratuitamente, presìdi sanitari per chi arriva stremato, tende per chi dorme all’aperto. È la Dottrina Sociale della Chiesa vissuta: beni condivisi, solidarietà silenziosa, sussidiarietà che coinvolge tutti.

Lo stile di Maria: una diplomazia del cuore

Se dovessimo riassumere lo stile mariano in pochi gesti, potremmo dire: ascoltare, accogliere, accompagnare, ringraziare, servire. Maria ascolta e custodisce, come a Nazaret. Accoglie, come a Cana, quando vede che “non hanno vino”. Accompagna, come sul Calvario, restando ai piedi della croce. Ringrazia, cantando il Magnificat, e serve, andando “in fretta” da Elisabetta. Questo è un linguaggio che tutti capiscono: il linguaggio del cuore.

Pace che nasce dalla carità

In tanti santuari del mondo, Maria è punto d’incontro fra fedi. Non si rinuncia alla propria identità, ma si rinuncia all’ostilità. Mariamabad lo dimostra ogni giorno: chi entra non trova muri, ma una Madre che tende le braccia. È una “politica dell’amicizia sociale” che vale più di mille discorsi. E quando la carità si organizza bene — con volontari, medici, ospitalità — diventa segno che la Chiesa non è solo preghiera, ma anche amministrazione onesta e servizio concreto.

Una Chiesa che si lascia purificare

Alla scuola di Maria, la Chiesa impara a vivere con sobrietà e trasparenza. Impara che i beni non sono per l’apparenza ma per la missione, che il potere non è privilegio ma servizio. Ogni santuario che accoglie senza distinzioni educa a un uso limpido di ciò che si possiede e rafforza la fiducia. È un’autopurificazione silenziosa ma incisiva.

L’immagine che resta

Al tramonto, i pellegrini si disperdono per le strade polverose. Una donna musulmana porge dell’acqua a un’anziana cristiana; un giovane fascia i piedi piagati di un compagno di viaggio; due madri si scambiano un sorriso timido. Nessuno di loro si sente “diplomatico”: stanno semplicemente vivendo ciò che Maria insegna da duemila anni.

Maria, Madre della Misericordia, insegnaci l’arte dell’incontro. Fa’ che nelle nostre città il tuo stile diventi abitudine: ascoltare, accogliere, accompagnare, ringraziare, servire. Così la pace non resterà un sogno, ma diventerà casa per tutti.