Il 7 novembre 2025, nella Giornata nazionale dedicata alla lotta contro le dipendenze, Papa Leone XIV ha rivolto un messaggio che va dritto al cuore del problema. Non una semplice denuncia morale, ma un appello a riscoprire la radice spirituale e sociale di un male che si diffonde in mille forme: non solo la droga o l’alcol, ma anche il gioco d’azzardo, la pornografia, la dipendenza dai social e dallo smartphone.

«Le dipendenze – ha detto il Papa – sono il sintomo di un disagio profondo, di una solitudine che cerca sollievo nel consumo e nell’evasione». È una diagnosi che non si limita alla superficie. Non si tratta solo di correggere un comportamento, ma di capire che cosa si nasconde dietro: un vuoto di senso, una paura del futuro, una perdita di legami.

Le parole di Leone XIV, pronunciate in un tono pacato ma incisivo, hanno ricordato che la questione non è semplicemente sanitaria, ma umana e spirituale. Ogni dipendenza, in fondo, è una domanda d’amore a cui nessuno ha risposto. E questa domanda resta spesso sospesa nel silenzio di famiglie frammentate, di istituzioni distratte, di una cultura che esalta la libertà individuale ma dimentica la responsabilità reciproca.

Il Papa ha chiesto un “lavoro concertato di prevenzione”, che metta insieme scuola, famiglia, parrocchia, istituzioni e mondo dello sport. Perché la prevenzione non è una campagna pubblicitaria, ma un modo di vivere: offrire alternative concrete, creare spazi di relazione, insegnare a scegliere e a desiderare. «Non basta dire ai giovani di non cadere – ha ricordato – occorre dar loro le ali per volare».

Nel suo messaggio, Leone XIV ha anche allargato lo sguardo alle nuove forme di schiavitù che nascono dal digitale. L’uso compulsivo del web, il bisogno costante di connessione e approvazione, il narcisismo dei social sono sintomi di una società che si auto-consuma nel culto dell’immagine. “Il rischio – ha detto – è di vivere in un mondo virtuale e smettere di cercare la vita reale”.

Ma il suo sguardo non è pessimistico. Il Papa ha parlato di “sete di vita” che abita le nuove generazioni. È una frase che merita di essere ricordata. In ogni giovane che sbaglia, che cade, che si perde, non c’è solo una debolezza: c’è una domanda di vita, di autenticità, di libertà vera. Sta alla comunità cristiana riconoscerla, accoglierla e trasformarla in cammino.

La Giornata delle dipendenze, allora, non deve restare un evento isolato, ma diventare un punto di partenza. Perché dietro ogni dipendenza c’è un volto, una storia, una speranza che non può essere spenta. La Chiesa, le famiglie, la società civile sono chiamate a costruire una rete di cura che non giudichi, ma accompagni.

Leone XIV ha indicato una direzione: passare dal controllo alla compassione, dalla paura alla fiducia, dal moralismo alla vicinanza. È questo il senso profondo del suo messaggio: non curare soltanto le ferite, ma restituire alle persone la capacità di amare e di essere amate.

In un tempo in cui le dipendenze sembrano moltiplicarsi, la vera risposta non è proibire, ma riempire il vuoto. Non reprimere, ma educare. Non stigmatizzare, ma abbracciare. È la rivoluzione del Vangelo, che il Papa ci ricorda con parole semplici ma profetiche: “Chi è ferito ha bisogno di essere guarito, non di essere scartato. E solo l’amore guarisce davvero”.