Nel cuore della Chiesa latina si consuma, spesso in silenzio ma non senza veemenza, una disputa che va ben oltre la grammatica: da una parte i latinoclasti, che vedono nel latino un ostacolo alla partecipazione viva e comprensibile alla liturgia; dall’altra i latinolatri, che lo elevano a baluardo identitario, quasi sacrale, della “vera Messa”. Ma dietro queste polarizzazioni si cela una domanda più profonda: quale lingua deve parlare la Chiesa per essere davvero universale?
Una lingua pastorale, non sacra
Nel tempo della sinodalità e dell’inculturazione, la sfida non è salvare una lingua, ma ritrovare un linguaggio che conduca al Mistero senza diventare ideologia.
Il latino non nasce come lingua sacra. Nei primi due secoli del cristianesimo, la lingua liturgica anche a Roma era il greco, lingua della filosofia, della Scrittura (i LXX), della cultura urbana.
Il passaggio al latino avviene tra il III e il IV secolo, per una ragione molto semplice: era la lingua del popolo. Lo ha ricordato anche Benedetto XVI, in una delle sue catechesi, sottolineando che “la Chiesa romana ha adottato il latino per raggiungere con più efficacia i fedeli del suo tempo”.
Paradossalmente, il latino fu introdotto per rendere la liturgia più accessibile, non più solenne.
Una funzione storica centrale
Nei secoli successivi, quando il latino cessò di essere parlato dal popolo e divenne “lingua morta”, assunse una funzione diversa: garantire l’unità, la stabilità, l’universalità e la precisione nelle formule liturgiche e nei documenti giuridici e dottrinali.
Così il latino divenne lingua ufficiale della Chiesa latina, ma mai della Chiesa intera:
- Le Chiese orientali cattoliche hanno sempre celebrato in altre lingue: greco, siriaco, armeno, copto, arabo, georgiano, slavo.
- Il latino non è mai stato né universale né esclusivo nel cattolicesimo.
Il Concilio Vaticano II, pur conservando il latino come lingua della liturgia latina (Sacrosanctum Concilium, n. 36), ne ha previsto l’uso “salvo diritto particolare”, aprendo di fatto alla valorizzazione delle lingue vernacolari, affinché i fedeli “possano comprendere più facilmente” (SC, 54).
Dietro la nostalgia, quale idea di Chiesa?
Tornare al latino non è di per sé un problema, se vissuto come forma di bellezza, silenzio, mistero. Ma quando diventa bandiera ideologica o identitaria, è il sintomo di una crisi ecclesiologica più profonda.
Chi invoca il latino come “lingua della Messa di sempre” dimentica che:
- Non è la lingua di Gesù, né degli apostoli.
- Non è la lingua dei primi secoli della fede.
- Non è nemmeno oggi la lingua della maggior parte dei cattolici nel mondo.
In più, nelle Chiese orientali, oggi più vive che mai, il latino non è mai stato introdotto – anzi, è stato esplicitamente respinto nelle riforme post-conciliari. In quelle Chiese, il ritorno alla tradizione è avvenuto delatinizzandosi, non introducendo formule latine.
il latino era la lingua del popolo.
Benedetto XVI
Fu introdotto per rendere la liturgia più accessibile,
non più solenne.
Una Chiesa “latina”, ma cattolica
La Chiesa è latina nei suoi strumenti, ma cattolica nella sua vocazione. Il latino resta una preziosa eredità culturale e liturgica, ma non può essere una condizione per l’ortodossia, né un criterio di superiorità.
Il vero “linguaggio della Chiesa” è la carità, la comunione, l’annuncio comprensibile del Vangelo. Come afferma papa Francesco in Desiderio Desideravi:
«L’azione liturgica non è il fare del prete, ma è azione di Cristo nella Chiesa» (n. 33).
E Cristo, oggi come ieri, parla la lingua del popolo che incontra.
Oltre le parole, verso il Mistero
La lingua della Chiesa è quella che porta al cuore del Mistero, che sia in latino, in greco, in italiano o in swahili. Il latino è parte di questa storia, ma non la definisce da solo. È un veicolo, non il contenuto. Quando il latino è un ponte verso la contemplazione, è dono. Quando diventa muro ideologico, è nostalgia sterile.
Leone XIV direbbe che il vero culto, secondo sant’Agostino, è quello in cui il cuore canta e comprende.
E il cuore, grazie a Dio, parla in tutte le lingue del mondo.