APPROFONDIMENTO: Dall’amicizia segreta ai missili nella notte. Così la “lunga guerra” tra Israele e Iran si è trasformata in un abisso di paura e morte. E gli Stati Uniti restano al centro del gioco, tra diplomazia e fuoco.

TEL AVIV – Nella notte tra il 12 e il 13 giugno, Israele ha lanciato un attacco diretto e coordinato contro le strutture strategiche iraniane, colpendo generali, scienziati nucleari e siti sensibili. L’Iran ha minacciato una ritorsione “implacabile”. Ma per capire come si è arrivati a questo punto occorre ripercorrere una storia che affonda le radici nella rivoluzione islamica del 1979, intrecciandosi con i mutamenti dell’intero Medio Oriente e con il ruolo sempre ambiguo degli Stati Uniti.

Dall’alleanza segreta all’odio teologico

Fino al 1979, Iran e Israele non solo intrattenevano rapporti diplomatici: erano veri e propri alleati, uniti dalla comune appartenenza al fronte filo-occidentale durante la Guerra Fredda. Lo Scià di Persia, Mohammad Reza Pahlavi, garantiva diritti avanzati alle donne, manteneva un alto livello di istruzione e – elemento significativo – proteggeva la più antica comunità ebraica del Medio Oriente, le cui radici risalivano alla regina Ester e all’epoca achemenide. Nel 1950, l’Iran fu tra i primi Paesi musulmani a riconoscere lo Stato d’Israele.

Ma già nel 1948, al tempo della Partizione della Palestina, lo Scià aveva previsto: “Questo porterà conflitti per generazioni”. La sua caduta, trent’anni dopo, diede inizio a un nuovo capitolo. Con l’arrivo di Khomeini, Israele divenne “il piccolo Satana”. I diplomatici israeliani furono espulsi, si attivò un ponte aereo per evacuare migliaia di ebrei persiani. L’ideologia islamista soppiantò ogni eredità laica: le sinistre marxiste, che avevano sostenuto la rivoluzione, furono annientate, e anche i palestinesi dell’Olp, guidati da Arafat, furono presto visti come corrotti, laici, inadatti.

Il regime teocratico pretese che l’Olp si ridesse come “movimento islamico di resistenza”. Ma la storia e l’identità dell’Olp erano altre: socialiste, secolari, ispirate più a Nasser che al Corano. Così, già nel 1979, il divorzio tra Iran e Olp era consumato. A vincere furono gli ayatollah. A perdere, anche il popolo palestinese.

Guerra fredda regionale e rivoluzione panislamista

Nel nuovo Medio Oriente, mentre l’Egitto di Nasser (prima laico e filorusso, poi alleato USA dopo Camp David) perdeva centralità, l’Iran si poneva come centro ideologico dell’islamismo sciita militante. Con Hezbollah in Libano, le milizie in Iraq e Siria, gli Houthi in Yemen, costruiva un arco d’influenza che accerchiava Israele. Teheran divenne anche il primo finanziatore e ideologo di Hamas e della Jihad Islamica palestinese.

Israele rispondeva con operazioni segrete, bombardamenti mirati, cyberattacchi come Stuxnet e assassinii attribuiti al Mossad. Il punto di massima tensione fu raggiunto con il programma nucleare iraniano, considerato da Israele una minaccia esistenziale.

JCPOA: speranza e rovina

Nel 2015, gli USA di Obama siglarono il JCPOA: accordo per contenere l’arricchimento dell’uranio. Israele lo osteggiò. Nel 2018 Trump, su pressione israeliana, si ritirò dall’intesa. Teheran riavviò il programma. Da lì, le provocazioni si intensificarono: sabotaggi reciproci, omicidi mirati, attacchi dronici, tensioni nei mari. E infine la guerra a Gaza del 2023, che riaccese l’intera regione.

L’escalation recente: guerra senza più veli

Nel 2024 l’ambasciata iraniana a Damasco fu colpita da Israele: morirono generali delle Guardie Rivoluzionarie. L’Iran rispose nell’aprile 2024 con oltre 300 missili e droni su Israele. Furono in gran parte intercettati, anche grazie al supporto statunitense, britannico e francese.

Durante l’estate, attentati e assassinii reciproci – come quello del leader di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran – segnarono una nuova spirale. A ottobre, l’Iran lanciò nuovi missili; Israele rispose. La tensione montò fino a questa settimana.

Il 13 giugno 2025, Israele ha colpito al cuore dell’Iran: eliminati il capo delle Forze Quds Esmail Qaani, il generale Hossein Salami delle Guardie della Rivoluzione, il capo di Stato Maggiore Mohammed Bagheri e il consigliere di Khamenei, Shamkhani. Insieme a loro, alcuni dei principali scienziati nucleari.

Stati Uniti: registi occulti e ago della bilancia

Nel corso di questi decenni, gli USA hanno oscillato tra ruolo di mediatore e attore. Hanno sostenuto lo Scià, poi l’Iraq contro l’Iran, poi Israele contro l’Iraq, poi ancora Israele e l’Iran contro Saddam. Hanno siglato e disdetto accordi, armato alleati, protetto civili, ma anche spinto escalation.

Oggi, Trump invita alla prudenza, ma autorizza evacuazioni e rinforzi. Domenica si prevede un nuovo round negoziale a Mascate. Teheran però minaccia: continueremo ad arricchire uranio e forse usciremo dal Trattato di non proliferazione.

Uno sguardo sulla storia

Chi guarda alla notte del 13 giugno come all’inizio di una guerra aperta, dimentica che questa guerra è cominciata da molto più lontano: da una rivoluzione tradita, da alleanze smentite, da ideologie religiose e militari che hanno ucciso il pluralismo.

Il conflitto tra Israele e Iran è figlio della storia moderna del Medio Oriente. E del fallimento di tutte le mediazioni che hanno confuso pace e deterrenza. Oggi Tel Aviv è chiusa nei rifugi, Teheran prepara ritorsioni. La paura è tornata. Ma la verità è che non se n’è mai andata.