Bambini colpiti, corpi lasciati a terra, vite spente dal freddo
Dopo il cessate il fuoco, la guerra non si è fermata: ha cambiato forma. In Cisgiordania si continua a morire sotto i colpi dell’esercito, a Gaza i bambini si spengono nel silenzio del freddo e delle case crollate. Tra esecuzioni a distanza ravvicinata, soccorsi bloccati e ipotermia, la tregua promessa resta sulla carta, mentre il prezzo più alto continua a essere pagato dai minori.
Il cessate il fuoco, quando arriva, dovrebbe segnare una soglia. Un prima e un dopo. In Palestina, invece, segna soltanto una sospensione semantica, non reale. La violenza non si arresta: cambia forma, luogo, linguaggio. Ma continua a colpire, soprattutto i più fragili.
Nelle ultime ore, due palestinesi sono stati uccisi dalle forze israeliane in Cisgiordania. Uno di loro era Rayyan Abdel Qader, 16 anni, colpito a Qabatiya, nel governatorato di Jenin. Le immagini delle telecamere di sicurezza mostrano il ragazzo camminare verso casa quando viene raggiunto da colpi d’arma da fuoco a distanza ravvicinata. I soccorsi sono stati bloccati. Il suo corpo lasciato a terra per decine di minuti, fino alla morte.
Un altro giovane, Ahmad Zayoud, 22 anni, è stato ucciso a Silat al-Harithiya. Un quindicenne è rimasto ferito. L’esercito israeliano ha parlato, come di consueto, di “reazione a una minaccia”. Nessun soldato è rimasto ferito. La sproporzione, anche qui, parla da sola.
Numeri che non si possono più normalizzare
Secondo il Ministero della Salute palestinese, dall’ottobre 2023 a oggi le operazioni israeliane in Cisgiordania hanno causato oltre 1.100 morti, di cui più di 220 bambini. Una cifra che non include Gaza, dove il bilancio è immensamente più alto e ancora parziale.
Dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco di ottobre, oltre 400 palestinesi sono stati uccisi tra Gaza e Cisgiordania, in violazione degli accordi. A Gaza City, nel quartiere di Shujayea, altri due civili sono stati uccisi da colpi israeliani nelle ultime 48 ore, in prossimità della cosiddetta “linea gialla”, zona sotto controllo militare.
Ma c’è una morte che non fa rumore, che non ha immagini drammatiche, che non entra nei bollettini militari: la morte per freddo.
Bambini che muoiono senza bombe
Secondo UNICEF, almeno 18 persone, tra cui diversi minori, sono morte a Gaza per ipotermia o per il crollo di abitazioni danneggiate, dall’inizio del cessate il fuoco. Case già colpite, senza riscaldamento, senza elettricità, senza protezioni adeguate. Tende improvvisate sotto la pioggia invernale. Vestiti bagnati che non si asciugano. Neonati che non hanno coperte.
Un milione di bambini vive oggi nella Striscia. L’ONU è riuscita a distribuire circa 250.000 kit invernali: un dato presentato come successo, ma che rivela in realtà una sproporzione drammatica. Tre bambini su quattro restano senza protezione adeguata.
Morire di freddo, nel 2025, non è una fatalità climatica. È una scelta politica.
La violenza che si sposta, non si ferma
Mentre Gaza è sotto assedio umanitario, la Cisgiordania conosce un’escalation quotidiana: raid notturni, arresti di massa, coloni armati protetti dall’esercito. Dall’ottobre 2023, oltre 21.000 palestinesi sono stati arrestati, molti senza accuse formali. Almeno 9.300 restano oggi nelle carceri israeliane, con denunce documentate di torture, abusi sessuali e morti in custodia.
Le organizzazioni internazionali parlano apertamente di esecuzioni extragiudiziali. La Corte Penale Internazionale ha emesso un mandato d’arresto per crimini di guerra. Numerose ONG qualificano quanto avviene a Gaza come genocidio. Eppure, il linguaggio diplomatico continua a parlare di “incidenti”, “violazioni”, “episodi isolati”.
Ma quando i bambini vengono colpiti, lasciati morire dissanguati o si spengono nel sonno per il freddo, non c’è neutralità possibile.
Dopo il cessate il fuoco, resta la responsabilità
Il cessate il fuoco non è pace. È una pausa armata. E se durante quella pausa si continua a uccidere, a sparare, a lasciare famiglie senza riparo, allora non siamo davanti a una tregua fragile, ma a una menzogna strutturata.
La vera domanda, oggi, non è quante violazioni siano state commesse, ma quante vite siamo disposti a considerare sacrificabili pur di non mettere in discussione equilibri geopolitici, alleanze, interessi strategici.
I bambini palestinesi non muoiono solo sotto le bombe. Muoiono perché il mondo ha deciso che la loro vita può aspettare. E il freddo, come le pallottole, non fa sconti a chi è stato abbandonato.
