La presunta interferenza russa all’aereo di von der Leyen smontata dai dati di volo. Una fake che rivela come si costruisce la paura per giustificare armi e riarmo.

Nelle scorse ore una notizia ha fatto il giro d’Europa: l’aereo che trasportava Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, sarebbe stato vittima di un’interferenza russa al sistema GPS, costringendo i piloti ad atterrare con mappe di carta dopo un’ora a girare in tondo nei cieli sopra Plovdiv, in Bulgaria.

Un racconto drammatico, che sembra uscito da una serie tv di spionaggio. Ma i dati – quelli veri – raccontano altro.

I fatti e le smentite

Secondo la ricostruzione iniziale, l’intero sistema di navigazione sarebbe andato in tilt, e l’aereo avrebbe rischiato la sicurezza. La Commissione europea e alcuni media hanno parlato di “interferenza inequivocabile” e hanno puntato il dito su Mosca.

Peccato che Flightradar24, la piattaforma che monitora in tempo reale tutti i voli civili del mondo, abbia pubblicato i dati del velivolo: il segnale GPS risultava stabile dall’inizio alla fine del viaggio, e il volo è durato appena nove minuti in più del previsto. Nessuna attesa di un’ora, nessuna emergenza.

Anche esperti indipendenti di sicurezza aeronautica hanno ricordato che un aereo commerciale non dipende esclusivamente dal GPS: dispone di sistemi di backup, di navigazione inerziale e del controllo positivo dei radar a terra. In altre parole: anche se ci fosse stata un’interferenza, non sarebbe mai stato necessario “tirar fuori le cartine”.

Il meccanismo della paura

Il punto non è solo tecnico. È politico. In un contesto internazionale dove la tensione con la Russia resta altissima, ogni anomalia diventa subito un atto ostile, ogni guasto un sabotaggio, ogni difficoltà un pretesto per rilanciare lo spettro della minaccia russa.

La dinamica è sempre la stessa: prima la notizia allarmistica, poi il sospetto rivolto a Mosca, infine la rassicurazione che “bisogna aumentare le misure di sicurezza”, che significa più spese militari e più consenso alle politiche di riarmo. Anche quando, poche ore dopo, arrivano le smentite, l’opinione pubblica ha già assorbito la dose di paura.

Fake news come strategia

Le fake news in geopolitica non sono incidenti di percorso: sono strumenti consapevoli. Alimentano l’idea che la guerra sia inevitabile, che esista un nemico onnipresente e invisibile, pronto a colpire in ogni momento. Così si costruisce consenso: trasformando un presunto disturbo tecnico in una prova di ostilità.

Nel frattempo, il messaggio più pericoloso passa sottotraccia: “solo la guerra ci difende”. È l’illusione che permette all’industria degli armamenti di prosperare e alla politica di giustificare nuove spese militari, mentre i bisogni reali delle persone – lavoro, salute, giustizia sociale – restano senza risposta.

La resistenza della verità

Il caso dell’aereo di von der Leyen, ridimensionato persino dalle autorità bulgare, ci insegna una lezione semplice: non tutto ciò che fa notizia è verità. Un’interferenza tecnica può esserci stata, ma non è stata un attacco russo. E certamente non ha messo a rischio la vita della presidente.

In questi tempi di guerra permanente, distinguere i fatti dalle narrazioni è già un atto politico. È il modo per resistere a una propaganda che trasforma ogni sospetto in arma e ogni bugia in pretesto di conflitto.

Se c’è una battaglia da combattere, è quella per la verità. Perché là dove muore la verità, a morire subito dopo sono sempre i poveri.