Un incendio sul ponte della nave Family nel porto di Tunisi: gli attivisti denunciano un attacco con drone, le autorità parlano di incidente. Ma la Global Flotilla non si arrende: “Continuiamo verso Gaza”.

La notte tra l’8 e il 9 settembre, nel porto di Tunisi, un ordigno ha provocato un incendio sul ponte della Family, nave principale della Global Sumud Flotilla diretta a Gaza. A bordo c’erano sei membri dell’equipaggio, tra cui volti noti come Greta Thunberg, ma nessuno è rimasto ferito. Resta però la ferita simbolica di un attacco che colpisce non tanto una nave, quanto un’idea: la possibilità che cittadini comuni possano rompere con mezzi pacifici il silenzio che circonda la tragedia di Gaza.

Le versioni sull’accaduto sono contrastanti. Gli attivisti parlano di un drone aereo che avrebbe sorvolato la nave e sganciato un ordigno incendiario. Le autorità tunisine, invece, negano l’ipotesi dell’attacco e parlano di un incidente banale, forse un mozzicone o un accendino finito su un giubbotto di salvataggio. Ma resta una domanda inquietante: se davvero fosse stato un drone, come avrebbe potuto penetrare nello spazio aereo di un porto sorvegliato, a pochi passi dalla residenza del primo ministro tunisino?

L’incertezza non toglie nulla al valore simbolico dell’episodio. La Flottiglia non è soltanto un insieme di barche malconce partite da Barcellona e dirette a Gaza. È un mosaico di umanità — più di 250 persone provenienti da 44 Paesi — che si è messo in mare con mezzi fragili e volontà ostinata. E proprio questa ostinazione è stata presa di mira: la logica del terrore, anche se mascherata da incidente, vuole minare il morale di chi sfida i blocchi non con armi, ma con vele, reti e generi di prima necessità.

Non mancano gli scettici, pronti a liquidare la Flottiglia come gesto inutile o velleitario. Ma di fronte a un popolo assediato, dove i beni essenziali scarseggiano e la dignità viene calpestata, il semplice fatto che qualcuno si ostini a partire diventa un segno profetico. È un atto che non cambia la geopolitica, ma interroga le coscienze: davvero possiamo accettare che il Mediterraneo sia solo frontiera da blindare, e non anche ponte di fraternità?

Greta Thunberg ha usato parole dure: «Tenete gli occhi su Gaza». Piacciano o no i suoi toni, resta vero che la distrazione è il primo alleato dell’ingiustizia. La Chiesa conosce bene questa dinamica: nei profeti biblici la voce che richiama alla memoria degli oppressi è sempre fastidiosa, perché costringe a guardare ciò che vorremmo dimenticare.

Il fuoco sul ponte della Family non ha causato vittime, ma ha acceso un segnale: la pace non è solo questione di trattati internazionali, è anche la determinazione dei piccoli che rifiutano di restare in silenzio. E questa determinazione, come hanno dichiarato gli attivisti, non si lascia spegnere neppure dal fuoco di un drone.

Un drone, o forse un mozzicone, ha provato a spegnere la speranza. Ma la speranza autentica, quella che nasce dal prendersi cura dei più deboli, non brucia.