Mentre a Gaza si continua a morire, tra bombardamenti mirati e stragi indiscriminate, a Roma compaiono, silenziosamente e senza clamore mediatico, dei manifesti che rompono il muro del silenzio. Sono manifesti semplici, potenti, dolorosi: il volto di una bambina palestinese gravemente ferita, con una frase incisiva sotto: “Guarda cosa mi ha fatto LEONARDO!!”

Non è un errore. Leonardo, in questo caso, non è il genio del Rinascimento, ma Leonardo S.p.A., il più grande produttore di armi italiano, il primo nell’Unione Europea, il secondo in Europa e il tredicesimo nel mondo, secondo i dati SIPRI. Un colosso dell’industria bellica che gode di un’aura di “eccellenza nazionale” e di discrezione mediatica, ma che – come i manifesti indicano con chiarezza – è direttamente coinvolto nell’apparato bellico israeliano.

La guerra nei bilanci

La connessione tra Leonardo e Israele non è solo commerciale: è strutturale. Dal 2022, con l’acquisizione della israeliana RADA Electronic Industries, Leonardo ha una presenza industriale fissa in Israele. La nuova società, DRS RADA Technologies, controllata da Leonardo DRS Inc. (USA), opera a Netanya, Beit She’an e Beer Sheva. Sono luoghi nevralgici per la produzione di sistemi radar anti-drone e difesa a corto raggio, impiegati anche negli scenari operativi di Gaza.

I manifesti, in italiano e inglese, collegano questa realtà al volto insanguinato della bambina palestinese, offrendo a ogni passante un QR code che rimanda a una documentazione multimediale dettagliata. Un gesto di informazione dal basso, radicale e non violento, in un tempo in cui i talk show oscillano tra censura, disinformazione e commozione pelosa.

Un’operazione di verità

Non si tratta solo di denuncia, ma di una critica politica chiara e fondata: non basta incolpare Netanyahu o esprimere “preoccupazione” per il numero delle vittime. Il punto è un altro: chi arma Israele? Chi lo sostiene con soldi, tecnologie, accordi?

L’Italia, con la benedizione di Crosetto e Tajani, continua a intrattenere rapporti strettissimi con Tel Aviv. Nonostante le dichiarazioni pubbliche sullo “stop” all’export di armi, è stata la stessa Leonardo S.p.A. a confermare ad Altreconomia la fornitura di ricambi per i jet M-346, usati per addestrare i piloti dell’aeronautica israeliana. Non un errore, non una svista, ma una scelta. Una responsabilità.

Un nuovo linguaggio di protesta

In questo scenario, i manifesti anonimi che compaiono per Roma sono atti di resistenza visiva e culturale. Un ritorno alla comunicazione politica dal basso, con lo strumento arcaico del tazebao ma aggiornato all’epoca digitale: basta un clic per informarsi, approfondire, condividere.

In un’epoca in cui il mainstream rimuove, confonde e distoglie, questi manifesti gridano con discrezione. Non si limitano a denunciare la guerra: smascherano l’ipocrisia della retorica umanitaria, l’ambiguità del linguaggio istituzionale, la complicità sistemica del nostro Paese. E lo fanno in modo che non può essere cancellato: una foto, uno screenshot, e la verità sopravvive alla censura.

Il coraggio della coerenza

In piena sintonia con il magistero di Papa Francesco, che ha definito la produzione e il commercio delle armi un “crimine contro l’umanità”, e con le prime parole di Papa Leone XIV nel giorno della sua elezione, FarodiRoma e altri media indipendenti hanno deciso di non tacere. Non per ideologia, ma per coerenza evangelica. Non si può proclamare la pace mentre si forniscono le armi che alimentano i massacri.

Chi oggi tace sulle responsabilità italiane nella guerra di Gaza – comprese quelle industriali e politiche – non è neutrale. È complice. E chi, invece, attacca quei manifesti, bollandoli come “antipatriottici” o “filo-Hamas”, fa il gioco della disinformazione.

Questa bambina sui muri di Roma ci guarda. Non è un simbolo astratto. È una domanda viva rivolta alla nostra coscienza civile, politica, umana. E anche alla nostra fede, se ne abbiamo una: “Guarda cosa mi ha fatto Leonardo”. E tu, cosa stai facendo?