Il governo francese ha proposto di sopprimere due festività civili dal calendario nazionale: l’8 maggio, giorno della Vittoria del 1945, e il lunedì dell’Angelo, tradizionalmente conosciuto come Pasquetta. L’intento dichiarato è quello di aumentare i giorni lavorativi per contribuire al risanamento dei conti pubblici. Ma l’annuncio ha scatenato reazioni accese, soprattutto sul piano culturale e simbolico.
Tra i primi a intervenire è stato un vescovo francese, che ha chiarito come la questione sia civile più che religiosa: «Dal punto di vista liturgico, il lunedì di Pasqua non è una festa di precetto, non c’è obbligo di Messa. Non è il dogma a essere toccato, ma una consuetudine civile». Una presa di posizione sobria, che però non elimina il disagio di molti cattolici per quella che viene percepita come una progressiva erosione dei riferimenti cristiani nella sfera pubblica.
In effetti, il lunedì dell’Angelo non è una festività obbligatoria per la Chiesa cattolica, ma rientra nell’ottava di Pasqua, che liturgicamente prolunga per otto giorni la gioia della Risurrezione. In Francia, il suo status di festa civile è legato più alla tradizione culturale e al calendario napoleonico che a un vincolo canonico. Tuttavia, per molti cittadini, credenti e non, rappresenta un momento di riposo condiviso, di convivialità familiare e di memoria spirituale.
Le preoccupazioni maggiori vengono dal rischio di polarizzazione politica. Una parte del mondo cattolico francese, già sensibile a quella che percepisce come una secolarizzazione forzata, potrebbe leggere la proposta come un ulteriore segnale di marginalizzazione, rafforzando il proprio avvicinamento a forze conservatrici. Il Rassemblement National ha infatti subito denunciato il provvedimento come un “attacco alle radici cristiane della Francia”, mentre anche sindacati e partiti di sinistra lo contestano da prospettive diverse.
È difficile prevedere se la proposta del premier François Bayrou sarà approvata. Ma resta il dato politico e culturale: in un contesto segnato da insicurezze identitarie e fragilità sociali, ogni riforma che tocca simboli condivisi deve essere trattata con cautela. Come ha osservato un editorialista francese, «non è la liturgia a fare problema, ma la memoria collettiva che rischia di svanire».
La Chiesa, da parte sua, non rivendica un diritto esclusivo sulla Pasquetta, ma invita a riflettere su come le festività possano custodire valori comuni, spirituali e umani, in una società che ha bisogno più che mai di punti fermi, di tempo per sé e per gli altri, di giorni che non siano solo produttivi, ma anche pieni di senso.