Il cardinale di Napoli rilancia la “questione meridionale” come ferita ancora aperta e come sfida nazionale. Non basta la repressione o il turismo di facciata: occorrono politiche di giustizia, comunità educanti e un’economia che rimetta al centro le persone. Perché, ricorda, “la carità è la prima risposta, ma non sostituisce la giustizia”.
In base all’intervista rilasciata al Corriere della Sera l’11 ottobre 2025 a cura di Emanuele Imperiali, il cardinale Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, rilancia con forza evangelica e civile un tema che molti pensavano archiviato: la questione meridionale. Non come lamento nostalgico, ma come invito a scrivere — con “inchiostro nuovo” — una pagina di riscatto collettivo, capace di unire responsabilità, visione e speranza.
Perché il divario tra Nord e Sud, dice il cardinale, “non è un ricordo, ma una realtà tangibile”: meno lavoro stabile, più disoccupazione giovanile, infrastrutture insufficienti, dispersione scolastica altissima. Eppure, nel suo linguaggio non c’è rabbia, ma proposta: il Sud non deve essere trattato come “terra di assistenza”, ma come risorsa nazionale. Servono investimenti in scuola, sanità, innovazione, ma anche un impegno condiviso tra istituzioni, imprese, terzo settore e cittadini. La vera differenza la fanno le comunità corresponsabili, non i sussidi.
È un linguaggio che ribalta la retorica della rassegnazione e restituisce al Mezzogiorno il suo volto più profondo: non quello dei divari, ma delle possibilità. Un Sud che può diventare laboratorio di nuove politiche, di educazione e di cultura civile.
Non è un caso che il cardinale parli di “Patto Educativo” per Napoli e la sua diocesi: un’alleanza tra famiglie, scuole, parrocchie e istituzioni, dove nessuno educa da solo. Dietro questo progetto non c’è un documento ecclesiale, ma un’idea di città: quella di una comunità adulta capace di offrire ai ragazzi non solo parole, ma opportunità concrete. Perché, dice con lucidità, “in un quartiere difficile non basta dire scegli il bene: bisogna offrire luoghi di aggregazione, educatori credibili, esempi positivi”.
In un tempo in cui la violenza giovanile sembra dilagare e i femminicidi diventano cronaca quotidiana, Battaglia chiede alla Chiesa e alla società di interrogarsi: che mondo stiamo costruendo per questi ragazzi? La risposta non è moraleggiante, ma educativa: serve coerenza. I giovani imparano più da ciò che vedono che da ciò che ascoltano.
Anche di fronte alle minacce della camorra — come il proiettile lasciato sull’altare di don Patriciello a Caivano — il cardinale parla da pastore e da cittadino. La sua non è una denuncia rituale: “Non basta la repressione, serve prevenzione, serve educazione. La vera sicurezza nasce da comunità sane”. La Chiesa, dice, deve restare accanto a chi denuncia, ma anche costruire alternative: lavoro, scuola, servizi, protezione.
In questo senso, la sua idea di “lotta alla camorra” è una rivoluzione culturale più che giudiziaria. Perché il male non si estirpa con la paura, ma con la fiducia restituita.
Anche il progetto del Museo Diocesano Diffuso risponde a questa visione: unire fede, arte e lavoro, coinvolgendo proprio i giovani “pietre scartate” perché diventino “pietre vive”. È l’evangelo tradotto in economia civile: ogni chiesa restaurata non è solo un bene culturale restituito, ma una possibilità di riscatto per un’intera generazione. Una “teologia del lavoro” che fa della bellezza un diritto e della cultura una forma di giustizia sociale.
E quando parla del turismo, il cardinale non si lascia sedurre dal facile entusiasmo. Napoli, dice, non può diventare “una giostra impazzita che esclude”. Il turismo è opportunità se resta inclusivo; fallimento se espelle studenti e ceti medi dal centro storico. “Una città è ricca quando resta abitabile per tutti” — un principio semplice e potente, che vale più di molte analisi economiche. Perché non c’è sviluppo autentico se non è anche umano.
Infine, c’è il volto della carità quotidiana, che a Napoli è carne e non astrazione. Dalle mense alle case di accoglienza, dai progetti della Caritas a Casa Bartimeo, fino ai luoghi di solidarietà per madri, bambini e senza fissa dimora: la Chiesa di Napoli vive accanto agli ultimi, senza retorica. Ma Battaglia lo ripete con chiarezza: “La carità è la prima risposta, ma non sostituisce la giustizia”.
Dietro questa frase c’è una visione profonda della fede: la carità cura le ferite, ma la giustizia le previene. È un invito a tutti — politica, istituzioni, imprese, cittadini — a riscoprire la responsabilità collettiva. Perché la dignità non si distribuisce: si costruisce insieme.
Il cardinale Battaglia non parla di un Sud da compatire, ma di un Paese da ricomporre. E nel suo linguaggio, evangelico e civile, si avverte il sogno di un’Italia che torni ad essere comunità: capace di educare, di accogliere, di scommettere sull’uomo. Un Paese che non archivi la speranza, ma la scriva ogni giorno con inchiostro nuovo.
Grazie per questo luminoso articolo che contribuisce a dissipare stereotipi negativi su Napoli e sul Mezzogiorno d’Italia. Occorre fede e buona volontà e questo non manca né ai napoletani, né al loro Pastore.