Nel giorno di san Francesco d’Assisi, Papa Leone XIV ha firmato Dilexi Te (“Ti ho amato”), la sua prima esortazione apostolica. Un testo nato dal cuore del predecessore, Papa Francesco, e completato dal nuovo Pontefice come segno di continuità nell’amore per i poveri. È il primo gesto magisteriale di Leone XIV e insieme l’ultimo dono di Francesco: due pontificati uniti dallo stesso Vangelo della misericordia che diventa impegno sociale, fraternità e giustizia.

L’eredità spirituale di Francesco e la profezia di una Chiesa dei poveri

Il nuovo Papa, Leone XIV, ha scelto di firmare la sua prima esortazione apostolica proprio nel giorno di san Francesco d’Assisi. Il titolo latino, Dilexi Te – “Ti ho amato” – non è soltanto un incipit evangelico, ma un manifesto di pontificato.

Con questo gesto, il Pontefice raccoglie il testimone del suo predecessore, Papa Francesco, scomparso lo scorso aprile, e ne assume idealmente l’ultima parola: l’amore.

Un’eredità di amore, non di potere

Dilexi Te è un documento “a quattro mani”, ereditato da Papa Francesco e portato a compimento dal suo successore. Proprio come Benedetto XVI aveva fatto con la Lumen Fidei, completando il testo avviato da Benedetto XVI, Leone XIV si colloca così in una linea di continuità affettiva e magisteriale.

Non si tratta di mera deferenza istituzionale, ma di un atto di comunione spirituale: i successori di Pietro non cancellano la voce dei predecessori, la ascoltano e la amplificano.

Nella firma di un testo sull’amore verso i poveri, il 4 ottobre, giorno di san Francesco, si concentra un’intera visione ecclesiale: l’amore come forma della giustizia, la povertà come condizione della libertà, la fraternità come antidoto alla guerra.

Il Papa argentino aveva voluto concludere il suo magistero con un invito alla tenerezza sociale, nel solco della Fratelli tutti e della Evangelii gaudium: una fede che si fa carne nei gesti concreti della misericordia. Leone XIV, nel riprendere quel testo incompiuto, mostra che l’amore non muore con chi lo annuncia, ma continua in chi lo eredita.

Una Chiesa dei poveri per il tempo dell’intelligenza artificiale

Non è casuale che Leone XIV, il primo papa dell’era dell’intelligenza artificiale, abbia scelto di iniziare il suo pontificato con un testo che riporta l’attenzione alla carne del mondo.

Dopo secoli in cui le encicliche hanno definito le coordinate sociali dell’umanesimo cristiano – da Rerum Novarum a Centesimus Annus, da Caritas in veritate a Fratelli tutti – Dilexi Te sembra voler dire: l’amore non si digitalizza.

Il rischio dell’umanità contemporanea non è solo economico o geopolitico, ma antropologico: l’uomo che perde la capacità di amare perde anche la capacità di riconoscere l’altro.

Per questo Leone XIV, già dalle prime parole, collega l’amore per i poveri all’urgenza di una ecologia integrale dell’umano, in cui la tecnologia non diventi mai sostituto della relazione, ma strumento di comunione.

Dalla povertà di Francesco alla profezia del nuovo Leone

Il nome scelto dal Pontefice – Leone XIV – è un rimando diretto a Leone XIII, autore della Rerum Novarum, che nel 1891 diede alla Chiesa la sua prima grande risposta sociale all’industrialismo.

Come quel Papa aprì l’età moderna della dottrina sociale, Leone XIV sembra voler aprire una nuova era della carità sociale, dove le questioni di giustizia non si risolvono solo con le riforme, ma con la compassione.

Nell’intenzione di Leone XIV, il titolo Dilexi Te non è una dichiarazione morale ma un’esperienza spirituale: l’amore non è un dovere ma un’origine, la fonte stessa della missione.

In questo senso, la nuova esortazione rappresenta anche il testamento spirituale di Papa Francesco, l’uomo che voleva “una Chiesa povera per i poveri” e che ha vissuto fino alla fine quel Vangelo del corpo, della carezza e della misericordia.

Il linguaggio del cuore come linguaggio della Chiesa

Ogni inizio di pontificato ha il suo tono. Benedetto XVI lo aprì con la parola “verità”, Francesco con “misericordia”. Leone XIV sceglie “amore”.

Un amore che non si rifugia nella retorica ma che si misura nel servizio.

Nel suo primo gesto, il nuovo Papa mostra che la Chiesa non cambia registro: cambia intensità.

Dopo l’epoca della denuncia viene quella della cura; dopo le encicliche sociali viene la pastorale dell’amore.

Dilexi Te non è solo un documento, ma una direzione: indica che la Chiesa non è chiamata a difendere se stessa, ma a testimoniare un amore incarnato, capace di farsi prossimo nelle periferie esistenziali e tecnologiche di oggi.

Una parola di ponte tra due pontificati

Nel gesto di Leone XIV, che firma le ultime parole di Francesco nel giorno del Poverello d’Assisi, c’è un simbolo potente: la successione non interrompe, ma compie.

È il segno di un magistero che non teme la continuità, ma la cerca, perché sa che la verità non nasce dal cambiamento per sé stesso, bensì dalla fedeltà all’amore che non cambia.

Ecco perché Dilexi Te sarà ricordata non solo come la prima esortazione di Leone XIV, ma come il primo ponte di amore tra due papi: uno che ha amato fino alla fine, l’altro che ha scelto di cominciare da quell’amore.

Con Dilexi Te, la voce di Francesco risuona ancora, ma filtrata attraverso il timbro di Leone XIV: quello di un Papa che guarda al futuro senza dimenticare la carne del mondo.

In tempi di intelligenza artificiale e di indifferenza umana, la sua prima parola è un “Ti ho amato”.

E forse è l’unica che, alla fine, salverà davvero il mondo.