Un boato ha squarciato l’alba di Iztapalapa, quartiere popolare a est di Città del Messico. Un’autocisterna carica di 49.500 litri di benzina è esplosa su un ponte, trasformando una via di traffico ordinario in un inferno di fuoco. Tre persone sono morte, 67 sono rimaste ferite — tra loro anche bambini —, diversi veicoli distrutti, case e infrastrutture danneggiate. Le immagini, rilanciate sui social, raccontano più di mille comunicati: corpi ustionati, gente in fuga, il panico che diventa collettivo.

La sindaca Clara Brugada ha confermato la gravità dell’accaduto e l’avvio di un’inchiesta. Ma già oggi sappiamo una cosa: non si tratta solo di una “fatalità”. Ogni volta che un’autocisterna esplode dentro un centro urbano, il dramma umano si intreccia con la domanda politica: come si gestisce la sicurezza di città da oltre 9 milioni di abitanti, dove mezzi pesanti carichi di carburante attraversano quartieri densamente popolati?

Iztapalapa non è un sobborgo qualsiasi. È il cuore pulsante di una megalopoli che convive quotidianamente con la precarietà: trasporti affollati, infrastrutture invecchiate, una crescita urbana spesso più rapida della pianificazione. L’esplosione di ieri è il simbolo di una vulnerabilità collettiva: basta un incidente per trasformare la routine in lutto, il traffico in tragedia.

In Messico — come in tante altre metropoli del Sud globale — la sicurezza non riguarda solo la criminalità organizzata, ma anche la gestione del rischio tecnologico e ambientale. Non ci si può più permettere che mezzi di questa portata viaggino senza protocolli severissimi in aree abitate, né che la logica del “così si è sempre fatto” continui a prevalere sulla prevenzione.

E tuttavia, accanto alle domande, emergono anche immagini di speranza: i vigili del fuoco che hanno domato le fiamme, i vicini che hanno soccorso i feriti, gli ospedali mobilitati in poche ore. Segni che la comunità, pur ferita, sa ancora reagire.

Ma la lezione resta amara. Non bastano cordoglio e promesse di inchieste. Serve un cambio di paradigma: ripensare la mobilità urbana, garantire trasporti sicuri, rafforzare la cultura della prevenzione. Perché le città non possono essere trappole pronte a esplodere, ma luoghi dove la vita, anche nei quartieri più popolosi, sia custodita con dignità.