No al riarmo, no alle discriminazioni sessuali, sì all’impegno socio-politico per abbattere le strutture di peccato

Il Cammino Sinodale delle Chiese in Italia ha prodotto un documento di sintesi che non è solo una riflessione interna, ma una vera e propria dichiarazione di intenti sul piano socio-politico, ponendo la pace, la giustizia e la cura del creato al centro della missione ecclesiale. Raccogliendo l’eredità di Papa Francesco e l’esortazione del neo-Pontefice Leone XIV, la Chiesa italiana intende farsi “lievito di pace e di speranza” in una società sempre più segnata da crisi e tensioni globali. 

L’Assemblea sinodale riconosce che quanto più la Chiesa è fedele al Vangelo, tanto più fa proprie le “crisi” del mondo. In un’epoca caratterizzata dal moltiplicarsi delle guerre e dal riarmo, la pace è considerata il segno privilegiato del Regno di Dio. Il richiamo di Papa Leone XIV ai Vescovi italiani è perentorio: chiede che «ogni comunità diventi una “casa della pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo… E che chiede oggi, più che mai, la nostra presenza vigile e generativa». La pace, lungi dall’essere un’utopia spirituale, è una via umile e quotidiana che richiede coraggio e azione concreta.

Per tradurre questo impegno in azioni concrete, l’Assemblea sinodale avanza proposte audaci che interrogano direttamente le politiche di sicurezza e il sistema finanziario. La Chiesa Italiana è chiamata a promuovere un Tavolo di riflessione con la società civile e gli esperti per immaginare alternative concrete alla politica del riarmo e per lavorare sul disarmo, valutando anche l’istituzione di un Osservatorio nazionale sulla pace e la nonviolenza. Sul piano finanziario, le Chiese locali sono esortate a sostenere il disinvestimento dagli istituti di credito coinvolti nella produzione e nel commercio di armi e a supportare l’obiezione di coscienza professionale di chi rifiuta di mettere le proprie competenze al servizio dell’industria bellica. Inoltre, le comunità sono chiamate a promuovere percorsi di educazione alla cura per la vita, alla nonviolenza e a intraprendere iniziative di mediazione nei conflitti locali, utilizzando la giustizia riparativa e la rigenerazione comunitaria come antidoto alla violenza. 

La consapevolezza che i modelli sociali attuali generino “scarti” e un drammatico degrado del creato spinge la Chiesa a un’azione incisiva. L’obiettivo è la promozione di uno sviluppo umano integrale e la cura della casa comune, in linea con l’enciclica Laudato si’. Le proposte in questo ambito toccano l’economia, la formazione e l’ecologia, con un invito a incentivare forme di risparmio, investimento e inclusione finanziaria etiche, valorizzando le pratiche di economia civile, sociale e circolare. Fondamentale è anche promuovere le Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (CERS) e camminare al fianco dei giovani e della comunità scientifica per riparare il creato, adottando stili di vita sostenibili e bilanci di missione nella gestione dei beni ecclesiastici. Le Chiese locali sono invitate a impegnarsi in percorsi formativi sulla Dottrina Sociale della Chiesa, con attenzione particolare alla giustizia nel mondo del lavoro, senza mai cessare di denunciare la corruzione, l’illegalità e le mafie e promuovendo la coscienza civile della loro incompatibilità con il bene comune.

La Chiesa riafferma dunque il valore della politica come cura della polis, essenziale per la costruzione della fraternità e dell’amicizia sociale. La democrazia non deve ridursi a una serie di procedure senza orizzonte, ma deve essere alimentata da cittadini attivi e consapevoli. L’Assemblea propone che le Chiese locali e le associazioni cattoliche creino spazi di confronto e formazione su democrazia e cittadinanza, incoraggiando la partecipazione costruttiva alla vita politica del Paese.

Nel testo, viene riaffermata con forza l’opzione preferenziale per i poveri. I vulnerabili non sono solo destinatari di carità, ma sono la “pietra viva della Chiesa” in cui Dio si rivela. Per questo, si chiede che le organizzazioni ecclesiali siano esse stesse testimoni di povertà evangelica nella gestione dei beni, poiché lo stile di sobrietà è luogo di evangelizzazione. L’impegno si estende al sostegno dei movimenti che danno vita ad alternative concrete alla logica dello scarto, opponendosi alle politiche discriminatorie verso migranti e carcerati, e promuovendo occasioni per sensibilizzare sul lavoro dignitoso (tutele, sicurezza e compatibilità con la vita familiare).

In sintesi, il documento sinodale è un appello alla Chiesa italiana per trarre dalla fede un forte impegno socio-politico, mettendo in discussione strutture economiche e militari e scegliendo la fraternità come unica via per la pace e la giustizia. 

No alle discriminazioni di genere

Il documento approvato oggi dall’Assemblea Sinodale della Chiesa italiana dopo 4 anni di lavori promuove l’inclusione e l’accompagnamento delle persone Lgbtq+. Tra le proposte approvate si legge che “le Chiese locali, superando l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società, si impegnino a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono alla comunità cristiana”.

La Chiesa Italiana viene inoltre invitata a “sostenere con la preghiera e la riflessione le ‘Giornate’ promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato. La raccomandazione è quella di aprirsi verso le iniziative contro la violenza e la discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobia e la transfobia. 

In effetti è un testo ampio e articolato quello approvato oggi dalla Terza Assemblea sinodale italiana. Frutto di un lungo percorso di ascolto e di discernimento comunitario, il documento finale è stato preparato sulla base degli emendamenti emersi durante la seconda Assemblea (31 marzo – 3 aprile 2025) e successivamente elaborato attraverso un intenso lavoro congiunto della Presidenza della Cei, del Comitato del Cammino sinodale, del Consiglio Permanente, degli Organismi della Cei e delle Regioni ecclesiastiche.

Nel corso del briefing conclusivo, mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, insieme a mons. Valentino Bulgarelli, segretario del Comitato, e a Pierpaolo Triani, membro dello stesso organismo, ha spiegato che il documento “è frutto soprattutto del lavoro della seconda Assemblea sinodale, con tantissimi emendamenti” e che si struttura attorno a tre grandi priorità.

“La prima – è stato precisato – è la corresponsabilità, che implica un rinnovo degli organismi ecclesiali, della partecipazione e una guida maggiormente condivisa, con un ruolo più riconosciuto delle donne. Poi viene la formazione, essenziale per costruire comunità mature nella fede. Infine, la terza priorità, soprattutto maturata nell’ultimo anno, è la pace, tema molto sentito: nel documento sono confluite tante proposte su pace, disarmo e sull’assunzione di responsabilità di fronte ai conflitti che ci stanno devastando”.

Il documento approvato a larghissima maggioranza sottolinea la necessità di una Chiesa più partecipata e plurale, dove uomini e donne condividano in modo più equilibrato le responsabilità pastorali e decisionali. Il tema del ruolo femminile è tra i più qualificanti del testo sinodale: la richiesta di una maggiore presenza delle donne negli organismi diocesani e parrocchiali, nelle scuole di teologia e negli ambiti formativi emerge come una delle direttrici più chiare del percorso.

Un passaggio specifico è stato dedicato al dibattito sul diaconato femminile, uno dei punti più discussi. Il paragrafo approvato invita a “sostenere e promuovere progetti di ricerca di Facoltà teologiche e associazioni teologiche per offrire un contributo all’approfondimento delle questioni relative al diaconato delle donne avviato dalla Santa Sede”. È stato tuttavia il punto che ha raccolto meno consensi: 625 i voti favorevoli, 188 i contrari.

Più attenzione alle vittime di abusi

Il Documento di sintesi del Cammino Sinodale delle Chiese in Italia non ha eluso il confronto con una delle pagine più dolorose della storia recente della Chiesa: gli abusi in ambito ecclesiale. Con un approccio di lucida autocritica e ferma determinazione, l’Assemblea sinodale ha ribadito che molestie, abusi di potere, di coscienza e sessuali rappresentano una grave offesa alla persona, fatta a immagine e somiglianza di Dio, e dunque un tradimento del progetto del Creatore sull’umanità.

La Chiesa, pur riconoscendo le criticità, le resistenze e le dinamiche sedimentate che in passato hanno ostacolato la corretta salvaguardia dei minori e delle persone vulnerabili, dichiara senza riserve il proprio impegno nella costruzione di una cultura di contrasto all’abuso. Questo impegno parte dalla base, con una formazione che deve essere “molto delicata e, insieme, urgente” per tutti gli operatori ecclesiali, inclusi gli accompagnatori spirituali. L’obiettivo primario della cura pastorale, si sottolinea, deve essere quello di “lasciar andare, far crescere, liberare”, mai dominare.

Accoglienza, Riparazione e Ricerca della Verità
L’Assemblea sinodale ha tradotto questo rinnovato impegno in proposte concrete e operative che mirano a riparare il danno e a prevenire future violenze.

In primo luogo, si chiede che le Chiese locali, attraverso i Servizi diocesani per la tutela dei minori e degli adulti vulnerabili, non solo accolgano chi ha subito violenza, ma si prendano attivamente cura delle vittime. Questa accoglienza non deve essere passiva, ma attiva, realizzando iniziative specifiche con e per loro, promuovendo in particolare misure di giustizia riparativa. L’attenzione non è solo al passato, ma alla ricostruzione del futuro e della dignità della persona offesa.

In secondo luogo, l’impegno si concentra sulla prevenzione. Le comunità sono chiamate a ridurre concretamente il rischio di abusi, continuando a favorire e implementare rigorosamente le Linee guida nazionali stabilite dalla CEI. La prevenzione è vista come un dovere pastorale imprescindibile che richiede vigilanza costante.

Infine, la Chiesa si impegna a lavorare per l’accertamento della verità. Le Chiese locali devono collaborare attivamente e trasparenza con le istituzioni e la società civile per il sostegno delle vittime e dei loro familiari, assicurando il corretto svolgimento di ogni fase dell’accertamento della verità dei fatti. L’intenzione è quella di garantire che la ricerca della giustizia sia condotta senza nascondimenti, in piena trasparenza e in sinergia con le autorità civili.

Questo documento rappresenta un passo significativo nel processo di purificazione e rinnovamento della Chiesa italiana, ponendo la verità e la cura delle vittime al centro del suo cammino e trasformando il dolore in un imperativo etico per il futuro. 

Il documento di sintesi approvato oggi, come hanno sottolineato i relatori, non chiude ma rilancia il processo sinodale, trasformandolo in un metodo di lavoro e di comunione permanente. Le tre priorità – corresponsabilità, formazione e pace – delineano il profilo di una Chiesa italiana più consapevole delle sfide del tempo presente e pronta a rinnovarsi nella fedeltà al Vangelo. In particolare mons. Castellucci ha affermato che “questo testo non è un punto d’arrivo, ma un punto di partenza: da qui la comunità ecclesiale italiana è chiamata a tradurre in scelte concrete la sinodalità vissuta in questi anni”.

Il card. Zuppi: un segnale di maturità e di cambiamento nel modo di procedere della Chiesa italiana

Da parte sua, il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, card. Matteo Zuppi, ha sottolineato che “una volta che oggi questa Assemblea sinodale ha congedato il testo con il suo voto, è ora compito dei Pastori assumere tutto, individuare priorità, coinvolgere forze vecchie e nuove per dare corpo alle parole. Collegialità e sinodalità. La prossima Assemblea Generale della CEI avrà proprio la discussione su questo documento come tema portante”.

Zuppi ha ricordato come la scelta di rinviare a novembre l’Assemblea generale, originariamente prevista per maggio, abbia rappresentato un segnale di maturità e di cambiamento nel modo di procedere della Chiesa italiana. “Vorrei tornare al gesto che i Vescovi hanno compiuto lo scorso aprile, quando la seconda Assemblea sinodale non si era riconosciuta nel documento arrivato in aula. Contravvenendo alla tradizione, l’Assemblea della CEI di maggio è stata spostata a novembre, per consentire di maturare un testo migliore, che rispondesse meglio all’intero cammino compiuto insieme. Davvero possiamo dire che la logica del ‘si è sempre fatto così’ non ha avuto la meglio. Spostare l’Assemblea Generale è stato invece un modo per coinvolgersi sino in fondo in una fatica della Chiesa. E così abbiamo trasformato una sosta inattesa nel cammino in un’opportunità per ripartire insieme con nuovo slancio”.
Il porporato ha voluto ringraziare quanti “con resilienza si sono sobbarcati la fatica di rimettere mano al testo e di tessere, spesso faticosamente, le bellissime trame della comunione”. Se il Cammino sinodale come percorso “oggi è terminato – ha aggiunto – ci accompagnerà lo stile sinodale che ci spinge a realizzare nel tempo, consapevoli delle urgenze, quello che abbiamo intuito, discusso, messo per iscritto e infine votato. Questo cammino inedito, nella forma, rappresenta uno sviluppo dei convegni ecclesiali che hanno caratterizzato la vita della Chiesa in Italia fin dal post Concilio. Sempre camminando insieme alla Chiesa universale, al suo Sinodo Generale, per vivere e trasmettere la fede nella tradizione e nella comunione”.

Messaggio al Papa: adottare sinodalità come mentalità

Al termine della votazione del documento di sintesi, l’Assemblea sinodale ha rivolto un messaggio di ringraziamento a Papa Leone XIV, ricordando anche il sostegno costante di Papa Francesco, che nel 2021 aveva voluto l’avvio del Cammino. “L’Assemblea sinodale, che abbiamo celebrato questa mattina, ha segnato l’ultimo atto ufficiale del percorso nazionale. Con il voto del Documento di sintesi affidiamo i frutti del nostro ‘camminare insieme’ al discernimento dei Pastori, perché preparino le prospettive pastorali che accompagneranno le Chiese in Italia nei prossimi anni”, scrivono i vescovi.

Nel testo indirizzato al Pontefice, i presuli esprimono “gioia per il cammino compiuto dalle Chiese in Italia” e “affetto filiale e sincera gratitudine” per l’attenzione del Papa. “Ci siamo ritrovati insieme a Lei, nel contesto del Giubileo delle Equipe sinodali e degli Organismi di partecipazione, per rinnovare la professione di fede e invocare il dono dello Spirito. Grazie, Padre Santo, per il suo invito a ‘essere uniti e riunirci per essere quel segno autentico di speranza, ma anche un’espressione molto reale della carità cristiana, dell’amore fraterno e della cura reciproca’”.

I vescovi italiani hanno voluto sottolineare infine come “in questi anni – dal 2021 al 2025 – non è mai venuto meno il sostegno di Pietro, dapprima con Francesco, che ha voluto il Cammino sinodale, e poi con Lei, che ha dato un’indicazione preziosa nell’incontro con l’Episcopato italiano lo scorso 17 giugno: ‘Andate avanti nell’unità – ha detto in quell’occasione – specialmente pensando al Cammino sinodale. […] Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire’”.

“Assumiamo questo auspicio come impegno concreto da incarnare e vivere sin d’ora”, prosegue il messaggio, che riconosce nel metodo sinodale “uno stile di vita e di missione” maturato anche attraverso le difficoltà della pandemia. “Il Cammino sinodale, ritmato dalla preghiera, dall’ascolto e dalla partecipazione, ci ha aiutato a riscoprire lo stile della vita e della missione della Chiesa. E questo in un tempo inedito per tutti, qual è stato quello della pandemia”.

Con la conclusione del Cammino sinodale, la Chiesa italiana si prepara dunque a una nuova fase: trasformare le intuizioni e le esperienze maturate in scelte pastorali condivise, nella consapevolezza – come ha ricordato il cardinale Zuppi – che “camminare insieme è la condizione per trasmettere la fede nel tempo presente e per aprire la Chiesa alle sfide del futuro”.