Tradizionalismo, derive settarie e la fedeltà della Chiesa
Ogni ottobre, Roma accoglie il pellegrinaggio Ad Petri Sedem, nato nel 2012 come espressione del Populus Summorum Pontificum. Dietro l’apparenza di una processione di fede, si cela una strategia che contrappone la liturgia del Vaticano II a quella tridentina, rivestendo di sacralità nostalgie ecclesiali e retoriche identitarie. Non sorprende che tale dinamica abbia attratto anche comunità generose ma inesperte, come i Frati Francescani dell’Immacolata: giovani animati da fervore mariano e missionario, che si lasciarono ingannare dall’illusione che la fedeltà alla Chiesa coincidesse con l’adozione del rito preconciliare come marchio distintivo.
Col tempo, però, la realtà emerse in tutta la sua durezza: la liturgia ridotta a strumento di contrapposizione, l’autorità del fondatore piegata a logiche settarie, il rischio concreto di frattura con la comunione ecclesiale. Con coraggio, l’Istituto ha saputo uscire da questa impasse, scegliendo la via della fedeltà al Concilio e al magistero vivente, e mostrando che la vera riforma è sempre un ritorno all’essenziale del Vangelo, non alle nostalgie del passato.
Un pellegrinaggio non neutrale
Dal 2012, Roma ospita ogni anno il pellegrinaggio Ad Petri Sedem, nato dal cosiddetto Populus Summorum Pontificum. In apparenza, si tratta di un atto di pietà e di fedeltà a San Pietro; in realtà, esso è diventato una vetrina del tradizionalismo liturgico tridentino, che usa la Messa del 1962 come segno identitario e strumento di contrapposizione al Vaticano II e al magistero vivente.
Per l’edizione 2025, che si iscrive nell’Anno Giubilare, è già iniziata una grande azione di propaganda da parte dei tradizionalisti che cercano di presentare Leone XIV in un’ermeneutica della discontinuità rispetto a Papa Francesco.
Non si può negare che la liturgia sia fonte di bellezza e di fascino, specialmente per i giovani: la solennità dei riti, il latino, il silenzio. Ma dietro questa attrattiva estetica si nasconde spesso una retorica ideologica: quella di una “vera Chiesa” contrapposta a una “Chiesa modernista”. È una dinamica pericolosa, perché svuota la liturgia del suo significato ecclesiale per trasformarla in bandiera di partito.
Dalle aperture di Benedetto XVI alle illusioni tradizionaliste
Con Summorum Pontificum (2007), Benedetto XVI concesse un più ampio accesso al rito antico, confidando che ciò potesse favorire la riconciliazione con i lefebvriani. E con la revoca della scomunica ai quattro vescovi della Fraternità San Pio X (2009), tese loro la mano in un gesto di misericordia. Tuttavia, quelle aperture furono interpretate da alcuni come una “riabilitazione” del passato, generando l’illusione di un ritorno della Chiesa preconciliare.
Le attese furono presto disattese. La piena comunione non è stata raggiunta, e anzi il tradizionalismo ha assunto tratti sempre più settari: comunità autoreferenziali, gruppi che parlano di “vera fede” contrapposta al magistero conciliare, fino ad accuse grottesche secondo cui il rito di Paolo VI sarebbe “inquinato dalla massoneria”. Siamo di fronte a un linguaggio che appartiene più al complottismo che alla fede cattolica.
Le derive settarie, gnostiche e politiche
Un tratto preoccupante di questi ambienti è la contaminazione con dinamiche gnostiche ed esoteriche: il rito antico viene presentato come una via privilegiata al sacro, riservata a pochi “eletti”, quasi fosse un’iniziazione spirituale. Questo tradisce l’essenza stessa della liturgia, che è azione pubblica della Chiesa, sacramento di unità, non esperienza esoterica per iniziati.
A ciò si aggiunge la contiguità con ambienti teocon e sovranisti, in evidente contraddizione con il Vangelo. Quest’anno, la celebrazione principale del pellegrinaggio sarà presieduta dal card. Raymond Leo Burke, figura nota per le sue posizioni polemiche contro Papa Francesco e per la vicinanza a Steve Bannon. Non è casuale: il tradizionalismo liturgico diventa spesso funzionale a battaglie identitarie di matrice politica, trasformando la fede in strumento di polarizzazione culturale.
La propaganda della discontinuità
Molti tradizionalisti cercano oggi di accreditare l’idea che Papa Leone XIV abbia “smentito” Francesco, permettendo il pellegrinaggio Ad Petri Sedem. È propaganda priva di fondamento. Questo pellegrinaggio si è svolto regolarmente anche sotto Papa Francesco, segno dell’accoglienza della Chiesa verso tutti, pur nella chiarezza normativa.
Con Traditionis custodes (2021), Francesco ha riaffermato che “i libri liturgici promulgati da Paolo VI e Giovanni Paolo II […] sono l’unica espressione della lex orandi del rito romano” (art. 1). Leone XIV non ha cambiato nulla: la linea di continuità è evidente. La Chiesa accoglie, ma non abdica; non chiude le porte, ma non legittima derive ideologiche.
Il caso dei Frati Francescani dell’Immacolata
Un esempio paradigmatico di questa dinamica è la vicenda dei Frati Francescani dell’Immacolata. Giovani e fervorosi, animati da un forte carisma mariano e missionario, si lasciarono sedurre dalla retorica tridentina, convinti che la fedeltà alla Chiesa coincidesse con l’adozione del rito antico come marchio distintivo.
Fu un inganno. Dietro la facciata del fervore, emersero la manipolazione del fondatore, l’uso ideologico della liturgia, la rottura con la comunione ecclesiale. Non senza sofferenza, l’Istituto ha saputo liberarsi da questa ipoteca, prendendo le distanze dal fondatore e riscoprendo la centralità della Regola francescana e della riforma conciliare. Oggi i Frati Francescani dell’Immacolata testimoniano che si può uscire dall’illusione tradizionalista e ritrovare la vera fedeltà ecclesiale.
Giovani e manipolazione
Molti giovani restano affascinati dal rito antico: la bellezza dei paramenti, la lingua latina, il silenzio sacro. Ma dietro l’estetica si nasconde spesso un progetto ideologico. I promotori lo sanno bene e usano con astuzia l’attrattiva dei segni per trascinare i giovani in una battaglia contro la Chiesa del Concilio. È una strategia in cattiva fede: sfruttare la sensibilità spirituale per generare diffidenza verso il Papa, il vescovo, la comunità.
La fermezza inclusiva della Chiesa
La Chiesa, con Francesco e Leone XIV, ha mostrato una pazienza inclusiva: il pellegrinaggio continua a svolgersi, ma senza che ciò significhi legittimazione. La direzione è chiara: il Vaticano II è irreversibile, la liturgia riformata è la lex orandi del rito romano, e il tridentinismo sopravvive solo come tolleranza pastorale.
Il pellegrinaggio Ad Petri Sedem è il volto di un tradizionalismo che, dietro la facciata liturgica, nasconde derive settarie, complottiste e politiche. Ma la Chiesa non si lascia sequestrare: accoglie tutti, senza legittimare nessuno.
La vicenda dei Francescani dell’Immacolata dimostra che è possibile uscire dall’inganno, ritrovare la fedeltà al Concilio e riscoprire la liturgia come sacramento di unità e non come bandiera ideologica. È questa la vera lezione: la liturgia non appartiene ai nostalgici, ma alla Chiesa universale, e nella comunione ecclesiale trova la sua verità.