Il boato nella notte e l’Italia che nessuno vede più
C’è sempre un attimo, in certe notti, in cui il silenzio si spezza in modo irreparabile. A Barberino di Mugello è stato un boato a dividere il prima dal dopo: alle 3.30, in via Garibaldi, una deflagrazione ha sbriciolato un appartamento, avvolto le stanze nelle fiamme, spezzato un soffitto, frantumato vetri, svegliato i vicini nel terrore. Quando i vigili del fuoco sono riusciti a entrare, di Pierantonio Cianti, 71 anni, non restava più niente che potesse essere salvato.
Una vita si è fermata. Una casa è diventata cenere. E un paese si è ritrovato improvvisamente davanti a una tragedia che non ha il fragore della cronaca nera più spettacolare, ma il passo lento e cupo della disperazione.
Pierantonio era un uomo di quel tipo che l’Italia riconosce: operaio, poi camionista, poi mille lavori per tirare avanti, una pensione troppo piccola per il costo della vita, un divorzio alle spalle, due figli che la vita aveva portato altrove. Uno come tanti, uno che non finisce in prima pagina finché non accade qualcosa che spacca le pareti.
Negli ultimi mesi viveva con un pensiero fisso: l’obbligo di lasciare l’appartamento in cui abitava da anni. Il contratto scaduto, la richiesta dei proprietari, la ricerca di una sistemazione nuova che non arrivava. I vicini lo ricordano sconvolto, ripetendo che da lì doveva “andarsene”, che non sapeva dove andare. Ieri mattina lo aveva detto ancora.
Forse non ce la faceva più a immaginare un “dopo”.
Non sappiamo ancora se quella esplosione sia stata davvero un gesto volontario. Le indagini faranno il loro corso. Ma c’è una cosa che possiamo dire ora, senza aspettare verbali e perizie: la solitudine, quando è così profonda, è già un’esplosione silenziosa.
E in questo, la vicenda di Pierantonio non è un caso isolato: è un segnale, una fenditura, un campanello che in Italia suona sempre più spesso. Ogni volta che un anziano rischia lo sfratto. Ogni volta che la pensione non basta. Ogni volta che la casa – quella parola che dovrebbe significare stabilità, riparo, intimità – diventa un luogo provvisorio, un orologio che ticchetta verso la scadenza.
C’è un Paese che ancora resiste alla tentazione di guardare altrove: quello dei vicini che urlano dalla strada “Vieni fuori!”, quello delle famiglie evacuate in pigiama, quello della Misericordia che arriva per prima, dei vigili del fuoco che entrano tra le fiamme, dei carabinieri che cercano di capire cosa sia accaduto. Ma c’è anche un Paese che fatica a vedere i solitari delle nostre periferie: gli uomini e le donne che vivono sul margine, con un affitto che non riescono più a pagare, con l’angoscia di perdere l’ultimo pezzo di normalità che hanno.
Di Pierantonio resta una storia ordinaria e terribile. Una storia in cui un uomo, forse, non ha sopportato l’idea di traslocare non in un’altra casa, ma nell’incertezza. Una storia che non si risolve con un’inchiesta giudiziaria, ma ci chiede di fermarci un minuto e domandarci quanti altri vivono così, in bilico su un debito, su una porta da chiudere, su un foglio di sfratto, su una solitudine che nessuno vede.
Perché a volte l’Italia si accorge dei suoi invisibili solo quando qualcosa salta in aria. E allora è già troppo tardi.
