Scene da un film? No, peggio: è tutto vero. Un regista americano dalla tripla identità, una donna russa forse legata a una rete di copertura, una bambina assassinata, finanziamenti pubblici sospetti, una fuga da manuale e un luogo del delitto a meno di un chilometro da una villa diplomatica russa sotto osservazione dai tempi del KGB. Benvenuti nel giallo di Villa Pamphili. Ma lasciate perdere le fiction: qui la realtà ha superato il thriller.
I cadaveri e la zona rossa
7 giugno 2025. Roma, parco di Villa Pamphili. Una delle aree verdi più belle della capitale si trasforma in teatro dell’orrore. Due cadaveri: una donna giovane, Anastasia Trofimova, e una bambina di pochi mesi, Andromeda Ford. Entrambe uccise, la seconda strangolata. Le circostanze sono agghiaccianti. Ma lo scenario geografico colpisce ancor di più: a meno di 1 km sorge Villa Abamelek, storica residenza dell’ambasciatore russo in Italia, sorvegliata da decenni per il suo presunto ruolo di base per attività d’intelligence sin dai tempi dell’URSS.
A collegare i luoghi, la via Aurelia Antica. A collegare le vittime, un uomo: Rexal Ford, nome da copione, forse non a caso.
Il finto regista e i passaporti falsi
All’anagrafe americana si chiama Francis Kaufmann, classe 1979, precedenti per violenza domestica. Ma in Italia si presenta come Rexal Ford, sedicente cineasta. Su Facebook compare anche con un terzo nome: Matteo Capozzi, utilizzato a Malta. Sembra un dilettante, ma poi spunta un dettaglio pesante: nel 2020 riceve 860.000 euro di finanziamento dal MiBACT (governo Conte, ministro Franceschini) per un film mai distribuito, “Stelle della notte”. Dunque, non solo millanteria: Ford/Kaufmann aveva agganci veri, accesso a fondi pubblici e appoggi logistici. Non risultano domicili a Roma. Aveva tre carte di credito attive e riceveva regolarmente 6.000 euro dagli USA, presumibilmente dalla madre — ma anche questo è sotto verifica da parte dell’FBI.
Quando viene arrestato in Grecia, a Skiathos, si scopre che ha passato ben tre controlli in Italia. Con sé, un passaporto americano autentico, ma con generalità false. Non un falso clamoroso, ma un documento ben costruito. Quasi professionale. Quasi… da operatore.
Chi era Anastasia?
La donna uccisa, Anastasia Trofimova, è un’altra figura enigmatica. Per due settimane è rimasta senza nome. Poi, una chiamata dalla Siberia, da Omsk, sede di un centro operativo dell’FSB (ex KGB), rivela l’identità: “È mia figlia”. Un dettaglio non trascurabile. Il suo cognome richiama un generale dei servizi assassinato negli anni ’90 a Mosca. Coincidenze? Forse. Ma in ambienti d’intelligence i nomi non sono mai scelti a caso.
La versione ufficiale dice che Anastasia fosse a Malta per studiare inglese. Ma lo parlava troppo bene per essere una semplice studentessa. E il fatto che sia entrata in Italia con un uomo dalla doppia o tripla identità, in fuga da Malta, su un catamarano, rende il profilo ancora più sospetto.
Il triangolo Malta–Roma–Mosca
Un dato geografico curioso: molti dei tasselli di questa vicenda ruotano intorno a tre epicentri dell’intelligence internazionale.
- Malta, da decenni crocevia di scambi opachi, paradiso fiscale e snodo per operazioni “low profile”.
- Roma, in particolare la zona di Villa Abamelek, già sorvegliata durante la Guerra Fredda: la cosiddetta “Operazione Start” del KGB (ricostruita nel 2016 da Domenico Quirico) prevedeva l’ascolto delle comunicazioni italiane da stazioni nascoste nei parchi romani, grazie a giovani donne russe — le famose “ascoltatrici”.
- Omsk, patria della madre di Anastasia e avamposto siberiano dell’intelligence russa.
Un triangolo niente affatto casuale.
Le domande che bruciano
Il caso è ancora aperto, ma gli interrogativi si moltiplicano:
- Chi proteggeva Francis Kaufmann/Rexal Ford? È plausibile che un uomo con tre identità attraversi frontiere e incassi fondi pubblici senza coperture?
- Anastasia era una vittima o parte attiva di un’operazione? Possibile che il suo soggiorno a Malta fosse una copertura?
- Perché un delitto così efferato avviene in una zona geopoliticamente sensibile? Un errore, un messaggio, un depistaggio?
- E chi ha veramente ucciso? L’arrestato ha già rifiutato l’estradizione, affermando che “gli italiani sono mafiosi”. Ma il crimine, se confermato, porta segni di efferatezza e al tempo stesso di controllo.
Spionaggio o follia?
Certo, la follia è sempre una spiegazione plausibile. Ma le modalità, i movimenti, le false identità, i fondi, i silenzi istituzionali e i luoghi coinvolti fanno pensare a qualcosa di molto più stratificato.
Il crimine potrebbe essere il tragico epilogo di una missione deviata, di una copertura saltata, o di una vita alla deriva con addestramento da sfruttare e conti da pagare.
Quel che è certo è che due persone sono morte, in silenzio, a pochi metri da una delle ville più protette della diplomazia mondiale. E in mezzo, come un fantasma, c’è un uomo che non è chi dice di essere, e una donna che forse non è mai stata solo ciò che sembrava.
Un caso da manuale. E anche se, come sempre, la verità ufficiale arriverà in fondo — forse — resta la sensazione che qualcuno sapesse molto di più, molto prima.