In una mattina carica di tensione e di speranza, il Collegio di ministri italiani ha aperto nuovi corridoi umanitari per portare in Italia bambini palestinesi gravemente ammalati. Tra loro, i piccoli provenienti da Gaza accolti al Bambino Gesù di Roma, l’ospedale pediatrico della Santa Sede, simbolo di umanità e cura. È stato un viaggio di migliaia di chilometri – da un territorio martoriato, attraverso l’Egitto, fino all’Italia – per consentire loro cure impossibili nella Striscia. Un gesto che si innesta nella tradizione italiana di solidarietà sanitaria ma che, oggi, assume un peso morale e simbolico ancora più grande.

Tra le storie che hanno trovato accoglienza, spicca quella di Zeina, quattro anni, ricoverata da settimane al Policlinico Umberto I: leucemia, tumore, una mente fragile come la sua salute, sostenuta solo da un piccolo paio di orecchini d’oro, unico legame con una casa perduta tra le macerie  . Arrivata insieme alla sorellina Dana e alla loro mamma, il viaggio da Gaza alla cura italiana rappresenta una fatalità salvifica: la cura che altrove non c’era.

Nel gennaio 2024 altri quattro bambini, tra cui un ragazzo di dieci anni e una bambina di quindici, furono accolti al Bambino Gesù, con l’accompagnamento personale di padre Ibrahim Faltas, vice Priore del Santo Sepolcro in Terrasanta, e del presidente dell’ospedale Tiziano Onesti  . In totale, sono più di cento i minori gazawi ricevuti in Italia: molti curati a Roma, altri in strutture d’eccellenza come il Meyer di Firenze, Niguarda e il Regina Margherita di Torino  .

Non si tratta solo di un’operazione di salute, ma di un segno autentico di “cura della comunità globale”. Il Bambino Gesù, da sempre definito “l’ospedale del Papa”, ha ribadito il suo impegno profondo, coerente con la missione della Chiesa, come ricorda Onesti: «prendendoci cura non solo dei piccoli pazienti, ma anche delle loro famiglie»  .

Ella Marchei, responsabile per Roma della Comunità di Sant’Egidio, testimonia il coinvolgimento attivo della società civile: i corridoi sono il frutto di una sinergia tra istituzioni, Chiesa e ong, un filo diretto dalla Striscia alla capitale italiana che ha restituito dignità e speranza a intere famiglie devastate  .

Il ministero degli Esteri, unitamente al Dipartimento della Protezione Civile e alla Difesa, ha organizzato i voli militari C‑130, supportati dall’impegno logistico della Guardia di Finanza, dell’Esercito e della Croce Rossa. Tutto è stato pensato per garantire sicurezza e tempestività in un contesto geopolitico complesso ma afflitto da urgenza sanitaria .

Sul piano ecclesiale, papa Giovanni Paolo II definiva la cura ai bambini malati stranieri «un segno palpabile di fraternità universale». Oggi, papa Leone XIV – pur nelle competenze diverse – rilancia quella stessa prospettiva: non possiamo abbandonare le nuove generazioni al freddo delle ideologie. Ogni volta che un bimbo di Gaza riceve una diagnosi, una terapia, un sorriso, l’Europa riprende il respiro che Erdogan, Scholz e Macron faticano a trovare nei loro uffici.

I corridoi umanitari non sono un’eccezione, ma un’istanza insopprimibile di civiltà: perché è nel futuro – i bambini sono futuro – che si decide il senso di una comunità. E mentre le bombe continuano a cadere, in uno dei suoi ospedali cardiaci, l’Italia ha scelto di riparare un pezzetto di umanità. È poco, ma è quel che resta, nel cuore che batte accanto a un cuore bambino. E vale più di mille dichiarazioni.